Un anno dopo la bocciatura da parte del Tar del Lazio del piano inceneritori inserito nel decreto Sblocca Italia, la gestione dei rifiuti in Sicilia tornerà sul tavolo della giustizia amministrativa. Stavolta a pronunciarsi saranno i giudici di Palermo a cui si è rivolta l’associazione Rifiuti Zero Sicilia per chiedere l’annullamento dell’avviso che la Regione Siciliana ha pubblicato, a giugno scorso, per sondare il terreno tra quanti potrebbero essere interessati a costruire inceneritori nell’isola. Termovalorizzatori, per chi vuole rimarcarne la possibilità di recupero d’energia; termoutilizzatori, per quanti vogliono sposare il lessico di Nello Musumeci. Il presidente della Regione da tempo non nasconde di essere a favore della realizzazione di tali impianti in Sicilia, in modo da offrire un’altenativa alle discariche. Una posizione ideologica che ha un suo seguito ma che si scontra, e nel ricorso di Rifiuti Zero i riferimenti non mancano, con una serie di interpretazioni controverse della normativa.
«Viste le numerose richieste di proroga per la partecipazione alla manifestazione di interesse, il termine per la presentazione delle istanze è fisssato al 2 novembre». Ad annunciarlo a metà agosto, quando mancava ancora un mese alla conclusione dei tre previsti in un primo momento, è stato il dipartimento regionale ai Rifiuti. Stando a quanto appreso da MeridioNews, tuttavia, in questi mesi più di un’impresa ha chiesto delucidazioni alla Regione ma nessuna ha inviato il progetto di fattibilità. Secondo i piani del governo Musumeci, gli impianti da realizzare dovrebbero essere due, uno nella parte occidentale e l’altro in quella orientale dell’isola. La gara d’appalto sarà divisa in due lotti e ogni impresa potrà aggiudicarsi la costruzione di un solo inceneritore.
A mettere in discussione però tutto è l’associazione ambientalista secondo cui tutto l’iter avviato dalla Regione è illegittimo. Tra i rilievi posti all’attenzione del Tar di Palermo c’è innanzitutto l’individuazione della quantità di rifiuti che dovrebbero ricevere i due inceneritori: tra 700mila e 900mila tonnellate all’anno. Un fabbisogno «individuato – si legge nel testo del ricorso – in assenza di istruttoria e scavalcando la pianificazione di settore alla emanazione della quale la stessa amministrazione si era impegnata». Quest’ultimo passaggio richiama la decisione del governo Musumeci di non inserire l’argomento termovalorizzatori nel Piano regionale dei rifiuti approvato in primavera, rinviando il tutto a «un successivo atto di pianificazione».
Nel ricorso si contesta anche la contraddittorietà tra l’atto della Regione e quanto deciso dal Tar del Lazio, a ottobre dell’anno scorso, con l’annullamento del piano inceneritori approvato nel 2016 dal governo Renzi che per la Sicilia prevedeva due impianti, per un totale di 690mila tonnellate di rifiuti all’anno. Il tribunale amministrativo aveva sottolineato come la mancanza di una valutazione ambientale strategica (Vas) rappresentasse un elemento di debolezza insuperabile. «Con l’atto oggi impugnato, (l’assessorato ai Rifiuti, ndr) cambia improvvisamente e immotivatamente i propri intendimenti, prevedendo l’incenerimento di 700-900mila tonnellate annue di rifiuti, senza peraltro alcuna preventiva analisi previsionale dei flussi».
Rifiuti Zero sostiene poi come alla base della quantificazione del fabbisogno possa esserci un errore di fondo, quello di ritenere l’intera indifferenziata come materia idonea all’incenerimento. «Secondo l’analisi previsionale condotta (nel precedente piano regionale dei rifiuti, ndr) – si legge nel ricorso – considerando l’obiettivo di legge minimo di raccolta differenziata del 65 per cento, e quindi un rifiuto urbano residuo del 35 per cento sul totale, sarebbe stato destinabile alla valorizzazione energetica in impianti dedicati (inceneritori e simili) solo il 14 per cento del rifiuto urbano residuo, pari al 4,9 per cento sulla totalità dei rifiuti, equivalente a circa 115mila tonnellate l’anno». A ciò si aggiungono anche le considerazioni relative alle emissioni nell’atmosfera degli impianti e i rifiuti che gli inceneritori a loro volta producono. Ceneri, spesso altamente inquinanti, che andrebbero comunque smaltite in discarica. «Il rischio è che si inneschi un pericoloso processo inverso rispetto alla gerarchia dei rifiuti – denunciano gli ambientalisti – ovvero che per garantire la continuità di funzionamento e la sostenibilità economica degli impianti di incenerimento sovradimensionati, si abdichi alla applicazione severa e rigorosa dei criteri graduati di economia circolare prediligendo – sottolineano – la possibilità di conferire agli impianti anche una rilevante parte dei rifiuti destinabili al riciclo o al riuso o al diverso recupero di materia».
Tra i tanti spauracchi individuati dall’associazione ce n’è infine uno di carattere economico. I fondi denominati NextGeneration premieranno gli investimenti che non danneggino in modo significativo gli obiettivi ambientali dell’Unione europea. «Con questo avviso la Regione Siciliana conferma di stare agendo sul tema rifiuti con fare approssimativo e lontano dalla assunzione di una governance pubblica di gestione che segua la gerarchia dei rifiuti e che sia direzionata allo sviluppo dell’economia circolare della transizione ecologica del settore – commenta a MeridioNews Manuela Leone, presidente di Rifiuti Zero Sicilia -. Al di là del merito sulla tecnologia, che noi al pari dell’Europa consideriamo ormai obsoleta e anacronista, sussistono dal nostro punto di vista violazioni e false applicazioni di termini di leggi regionali e nazionali che incardinano e tutelano questo ambito. Infine, non certo per importanza, come associazione non possiamo permettere che la questione rifiuti in Sicilia possa ancora una volta essere rimessa, anzi lasciata, nelle mani dei privati».
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