Scaduto il 19 febbraio e prontamente prorogato fino al 30 giugno. È il contratto di raccolta dei rifiuti del Comune di Catania, affidato – dal 2011 – al consorzio di imprese Ipi-Oikos. Due aziende entrambe destinatarie di interdittive antimafia della prefettura, che hanno percepito da Palazzo degli elefanti quasi 164 milioni di euro in cinque anni. Oltre due milioni e 700mila euro al mese per i 60 mesi della durata del contratto. Ai quali dovranno sommarsene altri quattro che, secondo la giunta, dovrebbero bastare a varare un nuovo piano per la raccolta dei rifiuti e assegnare la futura gara d’appalto. «Era il 2014 quando si diceva che sarebbe stato necessario non più di un anno per fare tutto questo, che ha fatto il Comune nel frattempo?», domanda Niccolò Notarbartolo, consigliere comunale del Pd, che per primo ha denunciato i ritardi.
La faccenda relativa alla raccolta e al trasferimento in discarica della spazzatura del Comune di Catania comincia il 31 dicembre 2008. Ma tra annunci e rimpalli è nel 2014 che la situazione dei rifiuti esplode. A causa dell’inchiesta Terra mia della procura di Palermo, su un presunto sistema di corruzione per la gestione dei rifiuti. Agli arresti finisce Domenico Proto, numero uno della Oikos. Pochi giorni dopo, la prefettura rende noto che alla Ipi era stata inviata un’interdittiva antimafia a giugno 2014, mentre quella per la Oikos era arrivata due mesi dopo. A questo punto il contratto catanese avrebbe dovuto essere sciolto. Ma per evitare «problematiche igienico-sanitarie nonché di ordine pubblico», la prefetta Maria Guia Federico concede all’amministrazione etnea tre commissari, profumatamente retribuiti. Nell’attesa di un nuovo bando e di una nuova gara d’appalto. Secondo i tecnici comunali, sarebbero stati necessari tra gli otto e i 12 mesi. Era settembre 2014 e adesso, con cinque mesi di ritardo rispetto al limite massimo stimato dalla stessa amministrazione, una delibera della giunta stabilisce che di mesi ne servono altri quattro.
«È una stima assolutamente non realistica», denuncia il consigliere Niccolò Notarbartolo. Era stato l’esponente del Partito democratico a richiedere, già sei mesi fa, che venisse fatta luce sui tempi previsti per il contratto di servizio. «Sembra che a mancare sia la volontà politica», diceva all’epoca Notarbartolo. E adesso rincara la dose: «Il rinvio richiesto dalla giunta è incompatibile con i tempi necessari alla nuova gara», afferma il consigliere. I passaggi prevedono che il piano di intervento venga passato alle commissioni consiliari. Da quel momento, servono 20 giorni per convocare un consiglio comunale in cui votarlo e poi la palla va alla Regione per l’approvazione finale. Solo a questo punto si arriva alla gara e alla pubblicazione del bando, che viene espletato dall’Ufficio regionale gare. Dopodiché servono 30 giorni per presentare le offerte e altrettanti per l’aggiudicazione provvisoria. In attesa dei risultati di eventuali ricorsi.
«In questa storia i ritardi non fanno altro che sommarsi. Considerati tutti i passaggi necessari, altri se ne sommeranno ancora – continua il consigliere – La proroga di soli quattro mesi non è credibile». Del resto, la legge prevede che i contratti possano essere prorogati fino a un quinto della loro durata complessiva. In questo caso, quindi, fino ad altri 12 oltre i 60 mesi originali. Secondo l’esponente Pd, «saremo condannati per un altro anno a questa gestione inefficiente e inadeguata, e a soffrire un servizio incapace di rispondere ai bisogni della città, in termini di differenziazione dei rifiuti e decoro». Le colpe non sarebbero tutte da imputare a Palazzo degli elefanti, «perché la normativa regionale è complessa, ma il Comune avrebbe dovuto pensarci per tempo. Un anno fa avevamo evidenziato la necessità che si procedesse a tappe forzate». Cosa che non è avvenuta. E a causa della quale la giunta, all’unanimità, ha votato la proroga. «Allo scopo di evitare la già paventata interruzione nel pubblico servizio essenziale di igiene urbana», si legge nella delibera che è già esecutiva.
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