Rifiuti, la denuncia della commissione d’inchiesta Mafia, lobby e incompetenza cause dell’emergenza

«Un’area di contiguità estremamente estesa e consolidata che abbraccia interi settori delle professioni, della politica e della pubblica amministrazione». La commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha impiegato un anno per dipanare la matassa – fatta di corruzione, illegalità, lobby e mafia – che da oltre 15 anni tiene la Sicilia in una situazione di continua emergenza. Il risultato è una relazione che, in poco meno di 400 pagine, riporta precise denunce e ipotizza la strada da seguire per tornare alla normalità. 

La commissione – che, è bene ricordarlo, ha anche poteri di polizia giudiziaria – parte dal peccato originale: la pianificazione, nel 2002 con il governo Cuffaro, di quattro inceneritori e la loro mancata realizzazione. «Da una parte la previsione di costruire quattro mega inceneritori ha compromesso lo sviluppo della raccolta differenziata e dall’altra la costituzione dei 27 Ato ha esautorato i Comuni delle proprie competenze, provocando una gravissima crisi finanziaria conseguente alla deficitaria e non trasparente gestione di queste società che, è bene riaffermarlo, sono state uno strumento in mano alla politica per il controllo del consenso». Sulla vicenda inceneritori ha indagato anche la Procura di Palermo, costretta ad archiviare il caso. La commissione lo ricorda: «L’ipotesi – si legge nella relazione – che l’affare relativo agli inceneritori sia stato frutto di accordi tra il mondo politico amministrativo, il mondo economico e le associazioni criminali non ha avuto conferma a livello processuale». Tuttavia i deputati ci tengono a sottolineare che «rimangono fonti convergenti in merito alle gravissime anomalie del bando di gara e del procedimento, oltre che delle fasi successive concernenti la risoluzione delle convenzioni stipulate con le Ati». E ricordano che «solo l’intervento della Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza del 18 luglio del 2007, fece saltare l’illecito piano degli inceneritori, annullando il bando e le convenzioni stipulate». 

Il fallimento degli inceneritori ha lasciato campo libero alle discariche private, con i disastrosi risultati che in questi giorni, per l’ennesima volta, sono sotto gli occhi di tutti. «È lapalissiano – si legge nella relazione – affermare che il fallimento della costruzione dei mega impianti, negli anni, abbia favorito lo smaltimento nelle discariche, ma ciò lo si deve esclusivamente all’inerzia della Regione che non ha saputo, o voluto, incentivare la raccolta differenziata, e incentivare una filiera economica virtuosa a sostegno del riciclo. Le vicissitudini che hanno contrassegnato la questione inceneritori e quelle relative alle autorizzazioni per le maxi discariche sono pragmatiche di un modus operandi illegittimo, illegale e per buona parte criminale». Una battaglia tra privati proprietari delle discariche e quelli che avrebbero costruito gli inceneritori, in cui i primi hanno vinto? Uno scenario che, per la commissione, non esiste. «L’azione della Corte europea comprova come non ci sia stata alcuna guerra tra la lobby degli inceneritori versus quella delle discariche anche perché alcuni gestori degli invasi facevano parte delle Ati che vinsero le gare» per la costruzione degli inceneritori.

Il giudizio sull’attuale governo Crocetta è fatta di molte ombre e poche luci. Da una parte si sottolinea che «questa pesante eredità non è stata superata dall’attuale presidente della Regione e l’idea di portare i rifiuti fuori regione è la prova più lampante dell’attuale crisi di sistema». Dall’altra viene riconosciuto all’attuale esecutivo di aver acceso una luce sulle autorizzazioni ambientali Aia, necessarie per il funzionamento delle discariche. La commissione parla di un’operazione verità, in cui il primo passo è stato trasferire la competenza nel rilascio delle autorizzazioni dall’assessorato al Territorio a quello all’Energia. In questa fase, denunciano i deputati, «si è verificato un fenomeno dalle connotazioni abnormi: l’ostracismo degli uffici che avrebbero dovuto trasmettere la documentazione al dipartimento dell’acqua e dei rifiuti cui era stata affidata la nuova competenza». Si dà quindi atto a Crocetta di aver istituito una commissione ispettiva per la verifica degli iter amministrativi, «un approccio a 360 gradi, globale, l’unico possibile per affrontare e tentare di risolvere le gravissime problematiche che pesano sulla Sicilia».

Particolare evidenza viene data dalla commissione alle nomine, effettuate negli anni, in posti cruciali, «senza tenere in alcun conto le competenze e le professionalità, sulla base di logiche evidentemente estranee al buon andamento della pubblica amministrazione». E, come esempio, si fa il nome di Gaetano Gullo, dirigente generale del Corpo forestale della Regione siciliana, già nominato, dal mese di giugno 2013 al mese di gennaio 2015, dirigente del dipartimento Ambiente. «Gaetano Gullo – si legge nella relazione – ha ammesso di non possedere le competenze per svolgere quell’incarico. E allora, la nomina di un soggetto privo di competenze in un ufficio cruciale della Regione siciliana in materia ambientale può ricondursi o all’incompetenza di chi effettua la nomina, fatto questo gravissimo, o, peggio ancora, alla sua mala fede, potendo più facilmente essere condizionato l’operato di chi non dispone degli strumenti conoscitivi adeguati per assumere decisioni autonome».

Inoltre la commissione denuncia come molte società operanti nello smaltimento dei rifiuti e finite in diverse inchieste giudiziarie, continuano a lavorare in numerose parti d’Italia. È il caso, ricordano ancora i deputati, dell’Aimeri, controllata dalla Biancamano SpA, e della Tirrenoambiente, che ha gestito la discarica di Mazzarrà Sant’Andrea ed è partecipata dalla Gesenu SpA, coinvolta in inchieste giudiziarie in Umbria. Senza dimenticare il traffico illecito di rifiuti in discariche totalmente abusive sorte in terreni a disposizione delle cosche mafiose. «Traffici di rifiuti di così ampie dimensioni sono stati resi possibili, evidentemente, dalla mancanza di adeguati controlli da parte degli organi preposti, non essendo pensabile che ingenti quantitativi di rifiuti possano circolare senza alcun tipo di controllo sul territorio siciliano, per poi giungere a destinazione in un sito non autorizzato».

Bocciata, infine, l’ultima ordinanza di Crocetta perché, denunciano, «si è in presenza di una sorta di libro dei sogni che però non si trasforma mai in realtà in quanto si chiede di fare in sei mesi quanto non si è riusciti a realizzare in diversi anni. Emerge dunque – concludono – la necessità di effettuare una programmazione ordinaria realistica, individuando soluzioni temporanee (segnatamente la spedizione di rifiuti fuori dal territorio regionale) per evitare il completo collasso del sistema». Un lavoro da cui potrebbero nascere nuovi spunti d’indagine, come anticipato oggi dalla presidente della commissione nazionale antimafia, Rosy Bindi: «Ci sono degli aspetti che interessano anche la nostra commissione, se faremo in tempo apriremo un fascicolo».

Salvo Catalano

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