Un censimento dettagliato, Comune per Comune, per fare uno screening sullo stato dell’arte della gestione dei rifiuti in Sicilia. Anche a quello punta l’indagine della Commissione regionale antimafia, guidata da Claudio Fava, che dovrebbe concludersi tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo prossimi. Dove conferiscono i Comuni siciliani l’umido? E il vetro? E dove finisce, invece, l’indifferenziato? Perché intere province non hanno alternative al conferimento in impianti privati, a causa di decine di cavilli che hanno bloccato la realizzazione di strutture pubbliche? Sono alcune delle domande a cui l’organismo parlamentare sta cercando di dare risposte, in un lavoro certosino che finora a livello regionale non era stato fatto. E che porterà alla redazione di un unico schema in cui per la prima volta si mette nero su bianco dove finiscono i rifiuti prodotti dai siciliani.
Un dato, dei tanti raccolti dalla Commissione che si affaccia sul Cortile della Fontana di Palazzo dei Normanni, salta agli occhi: un Comune su cinque in Sicilia non ha mai fatto una gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione dei rifiuti. In circa il 20 per cento delle città siciliane si è andati avanti di proroga in proroga. Incuria? Lungaggini burocratiche? Gare andate deserte? O, ancora, inespletate perché i partecipanti, per varie ragioni, non sono stati ritenuti idonei? O forse malafede delle amministrazioni?
Impossibile fare di tutta l’erba un fascio e dare una risposta univoca alle tante domande che scaturiscono dall’indagine sulla gestione dei rifiuti in Sicilia. Quel che è certo è che l’enorme lavoro di sintesi portato avanti dagli uffici punta anche a questo: a mettere ordine nel caos, a dare un nome alle cose o – quantomeno – una classificazione.
Certo, alcune anomalie cominciano ad emergere, per quanto la raccolta dei dati non sia ancora stata completata. Da quanto filtra, infatti, la Commissione avrebbe riscontrato che – complessivamente – siano in tutto una dozzina all’incirca le società i cui nomi, a giro, ritornano negli affidamenti diretti. Una coincidenza anche questa? Troppo presto per dirlo, mentre i nomi delle ditte restano ancora sotto chiave. Gli unici uffici ad averli, oltre all’antimafia, sarebbero quelli delle Prefetture siciliane, a cui l’organismo parlamentare li avrebbe trasmessi proprio con l’obiettivo di verificarne l’eventuale presenza nelle white list o meno.
Ci sono poi i casi limite. La Provincia di Enna è l’unica delle nove siciliane in cui i Comuni non hanno alternative di conferimento agli impianti privati. O l’emergenza organico: è emerso infatti che nel Comune di Siracusa, ma anche in moltissimi altri centri dell’Agrigentino, come Ribera, spesso non è possibile ritirare l’umido perché l’impianto di compostaggio (o gli impianti, come nel caso specifico) non riescono a smaltirlo con la necessaria velocità. Così capita ciclicamente che le amministrazioni comunali invitino i cittadini a non conferire l’umido nel giorno di ritiro settimanale assegnato. E se una famiglia media può tenere in casa il vetro, la plastica o la carta senza grandi disagi per una settimana intera, è verosimile che buona parte di quel rifiuto organico finisca in realtà nel sacchetto dell’indifferenziato. E da lì in discarica.
Quello degli impianti insufficienti è un tema che ritorna anche a proposito del vetro, ad esempio. Il meccanismo è presto detto: i singoli Comuni conferiscono alla piattaforma di riferimento, che invia le singole porzioni di rifiuto differenziato agli impianti di trattamento. Ma l’aumento della differenziata registrato nell’ultimo anno in Sicilia ha messo a dura prova le strutture, mentre all’orizzonte il piano rifiuti attende ancora il lungo iter burocratico. Così in assenza di nuovi impianti, l’unico autorizzato in Sicilia al trattamento del vetro, nel Trapanese, ha visto lievitare i conferimenti dalle 50mila tonnellate del 2018 alle 90mila registrate a ottobre 2019 (ultimo dato disponibile). Coi conseguenti disservizi che i cittadini hanno registrato nella raccolta.
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