Da ieri sera una decina di lavoratori del cosiddetto bacino prefettizio si sono barricati all’interno dell’aula consiliare del Comune di Catania. Sono una parte dei 105 licenziati dalle precedenti aziende, che attendono da mesi di essere stabilizzati nel settore dell’igiene urbana cittadina. Nelle settimane scorse ne sono stati richiamati soltanto 21 seguendo il criterio dell’anzianità anagrafica. Nei giorni precedenti alle festività pasquali, le loro proteste hanno impedito ai mezzi di uscire dagli autoparchi comunali e la città è stata, per giorni, sommersa dalla spazzatura.
Ieri sera, alla fine della seduta del consiglio comunale, dieci di questi lavoratori sono rimasti all’interno dell’aula e non sembrano ancora intenzionati a uscire. Al balcone hanno appeso uno striscione bianco con una scritta rossa: «Basta bugie, vogliamo lavoro». Sotto al Comune, intanto, si sono radunati altri colleghi nelle stesse condizioni. In mattinata, intanto, è in programma un consiglio comunale straordinario sul tema del bullismo.
«È un’azione che hanno fatto d’impeto», dice a MeridioNews Alfio Leonardi, responsabile del dipartimento Igiene ambientale della Fp Cgil. La protesta nasce dopo la notizia che è andata deserta la procedura negoziata per l’appalto sui rifiuti. L’amministrazione comunale aveva invitato alcune decine di aziende a presentare un’offerta per la raccolta dell’immondizia in città. Un maxi-affare da 350 milioni di euro ma che, secondo le ditte, continua a essere antieconomico e di difficile accesso. Nessuna, infatti, ha scelto di partecipare alla gara.
«Dopo aver saputo che la procedura era andata deserta, i lavoratori in attesa sono precipitati nella disperazione perché – spiega il sindacalista – non hanno nemmeno una ditta con cui interloquire». La rosa delle possibilità presentate durante l’ultimo tavolo in prefettura, almeno per il momento, sembra scomparsa. «L’accordo era quello di un altro incontro entro il 20 aprile per fare il punto della situazione e ragionare sui possibili spiragli». I lavoratori, che hanno finito gli ammortizzatori sociali e vivono nel terrore della disoccupazione, «non riescono più a vedere un futuro, davanti a loro sembra tutto nero e chiedono di tornare a lavorare subito, anche prima di poter avere delle garanzie di stabilità. Siamo preoccupati – conclude Leonardi – perché la situazione è diventata incandescente: questi lavoratori sono come persone sott’acqua, a cento metri di profondità, senza più ossigeno nelle bombole».
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