Da circa un anno, a intervalli di tempo più o meno regolari, il sottosegretario Davide Faraone, renziano doc, prova a commissariare il sistema di rifiuti in Sicilia. Ad agosto su Facebook stilò uno scadenzario di cose da fare più simile a un ultimatum che a un cronoprogramma di marce forzate di interventi, che prevedeva adeguamenti del sistema poi caduti nel vuoto. A cavallo delle settimane di crisi che segnarono la nascita dell’esecutivo regionale a trazione dem, con l’ingresso dei parlamentari regionali poi, il nome di un ingegnere palermitano che in passato si era occupato delle emergenze rifiuti, collaborando con il dipartimento di viale Campania, filtrò come indiscrezione autorevole, arrivando a un passo dalla nomina. A stoppare l’iniziativa fu il ministero dell’Ambiente, che in più occasioni ha ribadito, anche recentemente, la propria contrarietà.
In questi giorni Faraone ha nuovamente lanciato il suo attacco. Ma perché un commissario dovrebbe risolvere tutto? Perché nella situazione in cui Comuni senza soldi e la Regione investita da una sostanziale crisi di liquidità, dovrebbero essere costretti a portare i rifiuti all’estero, un commissario potrebbe risolvere tutto? Perché l’emergenza dovrebbe mettere le ali alle soluzioni, sottraendo la Sicilia al rischio di infrazione comunitaria? Dal punto di vista del sottosegretario palermitano i poteri straordinari di cui disporrebbe un commissario, potrebbero portare ad esempio alla requisizione di impianti come quello di Tmb, trattamento meccanico biologico, di Mazzarrà S.Andrea per completarne la realizzazione in tempi più rapidi e agevoli, oppure a intervenire sull’area di Messina, dove incombe un parere negativo della sovrintendenza per la realizzazione di un impianto analogo, trovando una nuova area in tempi più brevi rispetto a quelli ordinari.
Il commissario in sostanza non disporrebbe di una bacchetta magica, ma certamente potrebbe andare oltre nel confine rigido del regime di autorizzazioni e di assunzioni di responsabilità necessarie a superare lo stallo di burocrazia e tempi morti. I mancati risultati di una gestione che ha riguardato i governi di Cuffaro, Lombardo e adesso Crocetta, hanno alimentato di fatto le fortune di chi, tra i privati nel settore, ha beneficiato dei servizi che si sono resi necessari. Per potenziare il sistema dei rifiuti e renderlo funzionante in Sicilia occorrerebbero circa 500 milioni di euro.
Poi c’è l’aspetto che riguarda gli inceneritori e le piattaforme integrate, annunciate a ottobre scorso dall’assessorato. L’ipotesi allo studio è quella di costruire sei piattaforme integrate per trattare il rifiuto. Differenziando dal rifiuto ciò che rifiuto non è, ciò che resta dovrà essere trattato secondo un principio di prossimità territoriale. Ciò avverrebbe nei territori dove esistono le strutture che servono a separare la frazione umida dalla frazione secca dei rifiuti. Una parte di rifiuto non può essere recuperato e per la Comunità europea non può più andare in discarica. L’idea è di bruciare questa parte. Il 35 per cento dell’indifferenziato va depurato della parte inquinante, l’umido, che da organico va reso inorganico, attraverso dei processi che sono uguali a quelli del compostaggio. Si andrebbe quindi a valorizzare solo quello che non può andare in discarica, attraverso gli impianti con valorizzazione energetica. Questo in teoria lo schema che dovrebbe dare luogo alla differenza non solo linguistica tra termovalorizzatore di grandi quantità e impianti di supporto che dovrebbero contenere al minimo gli effetti della valorizzazione.
La nomina del commissario straordinario porterebbe anche ad accelerare su queste opere, provando a tirare fuori la Sicilia da uno situazione di stallo senza fine. Sul trasporto all’estero dei rifiuti infine pesa come un macigno il silenzio di Rosario Crocetta. Un anno fa il presidente della Regione, a favore di telecamere, urlò il suo disappunto. Oggi con i tecnici che pressano per appoggiarsi anche solo temporaneamente a questa costosissima soluzione, il governatore siciliano appare all’angolo anche su questo.
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