Rifiuti, come rinasce la plastica che buttiamo «Più assunzioni se aumentasse la differenziata»

«Spesso non riusciamo a far partire i camion perché manca la plastica. Se ci fosse più raccolta differenziata, potremmo sicuramente lavorare di più e assumere altro personale». A Gela il centro di recupero della plastica Remaplast non riesce a funzionare a pieno regime perché non c’è abbastanza materia prima. «Arriva da tre fonti – spiega il responsabile ambientale, Francesco Buscema – dalle serre, dalle aziende che producono plastica e dalla raccolta dei Comuni». In questo impianto entrano scarti, vengono lavati, triturati e rilavorati ed escono granuli di politilene, cioè il prodotto base da cui si creerà nuova plastica. Di queste strutture in Sicilia ne esistono poche. Ed è proprio per estendere questa rete – passaggio fondamentale in un virtuoso ciclo dei rifiuti – che l’Assemblea regionale siciliana, su proposta del Movimento cinque stelle, ha recentemente destinato una somma pari a 15 milioni di euro da distribuire tra i Comuni che superano il 65 per cento di differenziata. 

«I nostri clienti sono i produttori di plastica – spiega Buscema – mentre i fornitori sono soprattutto il consorzio Corepla (quello che raccoglie la differenziata dai Comuni ndr) e gli agricoltori che hanno le serre, è questo il materiale più pregiato». Su 100 chili di plastica, 85 vengono reimmessi sul mercato sotto forma di granuli di politilene, mentre il 15 per cento diventa scarto. Il prezzo di vendita del granulo che viene prodotto alla fine del ciclo varia in base al prezzo del petrolio. «Nei periodi in cui il barile ha un prezzo medio alto, un chilo di granuli di politilene costa 25 centesimi, ma ultimamente siamo scesi a dieci centesimi al chilo». Per questo settore, il crollo del prezzo del greggio non è un buon segnale. «Quando il costo è troppo basso, chi produce plastica compra la materia prima direttamente di prima mano, non riciclata, perché il prezzo è quasi uguale e ovviamente la qualità cambia», spiega Buscema. 

Circa un terzo della plastica che viene riciclata proviene dalla raccolta differenziata, ma la percentuale in provincia di Caltanissetta nel 2014 si è fermata al 14,9 per cento. I conti di quello che potrebbe essere una fonte di manodopera, li fa Danilo Pulvirenti, presidente di Rifiuti Zero Sicilia. «Per bruciare diecimila tonnellate di rifiuti sono necessari dieci dipendenti, per buttarli in discarica 40 dipendenti, per attivare per la stessa quantità di rifiuti un ciclo virtuoso servono all’incirca 200 dipendenti».

Un altro terzo del materiale che arriva al centro di recupero viene dalle serre. Ma in questo settore Remaplast deve fare i conti anche con casi di concorrenza sleale, se non peggio. Se infatti da una parte le istituzioni siciliane non hanno ancora davvero compreso il valore del ciclo di recupero delle materie prime, dall’altra la criminalità organizzata ha fiutato da tempo il business. Lo scorso novembre un blitz della squadra mobile di Caltanissetta – che ha decapitato i vertici dei clan gelesi Emmanuello e Rinzivillo – ha fatto luce su una nuova imposizione di Cosa Nostra sugli agricoltori: l’obbligo di consegnare ai clan il materiale di plastica e ferroso che viene dalla dismissione delle serre, anche nella zona di Vittoria. Le indagini sono state avviate nel 2014 grazie alle dichiarazioni di alcuni imprenditori gelesi estromessi dal mercato con atti intimidatori. 

Salvo Catalano

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