Richiedenti asilo, gratuito patrocinio negato I legali: «Così vengono violati i loro diritti»

Lesiva dei diritti fondamentali della persona. Così gli avvocati catanesi Riccardo Campochiaro e Antonio Fiore, difensori di molti richiedenti asilo, definiscono la delibera del 7 febbraio scorso con cui l’Ordine degli avvocati di Catania ha sospeso tutte le istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato – al momento più di 500 – presentate dagli stranieri extracomunitari senza permesso di soggiorno e residenti nel Cara di Mineo. Una decisione presa dall’organo competente per l’area civile come spiegato di recente da CTzen in un’infografica, nonostante la legge preveda che anche gli irregolari siano ammessi al gratuito patrocinio. E con cui, secondo i due legali, l’Ordine viola almeno quattro articoli della Costituzione, ledendo il diritto di difesa, sancito dagli articoli 24 e 113, quello di uguaglianza – articolo tre – in quanto il provvedimento si rivolge solo agli extracomunitari, e il diritto di asilo politico stabilito dall’articolo 10.

Dall’Ordine rispondono che «le richieste sono in stand-by nell’attesa di avere il parere del presidente del tribunale sulla validità dei documenti presentati a corredo delle stesse». Una spiegazione che non convince i due difensori. «Fino a poco tempo fa le domande di ammissione degli extracomunitari venivano accettate anche senza documenti e con l’attestato nominativo dello stato di richiedente asilo rilasciato dalla questura», racconta l’avvocato Campochiaro. Un’eventualità non certo rara, dato che molti immigrati arrivano senza documenti e non possono richiederli al paese d’origine da cui sono fuggiti a causa di guerre e persecuzioni. «Non si può pretendere un documento, ma per deliberare ne abbiamo bisogno», spiega Carmelo Cartalemi, responsabile dell’ufficio patrocinio a spese dello Stato dell’Ordine degli avvocati etneo, che annuncia che a breve ci sarà un incontro con il prefetto e il presidente dell’ordine sulla questione. «Alcuni attestati, come quelli rilasciati dalle questure, non sono validi», continua il referente dell’Ordine e precisa che «il permesso di soggiorno è invece un ottimo documento». Peccato però che molte delle richieste di ammissione al gratuito patrocinio siano presentate proprio da stranieri senza il permesso che devono impugnare i dinieghi della Commissione territoriale relativi al riconoscimento dello status di rifugiato.

«Visti i grandi numeri sembrerebbe più una manovra contabile», afferma l’avvocato Campochiaro. È un dato di fatto che in tempo di crisi le richieste per il gratuito patrocinio hanno subito un incremento. Per il 2012 l’Ordine degli avvocati prevede ne arriveranno circa 9mila. E quelle degli extracomunitari rappresentano il 20-30 per cento del totale delle istanze, secondo le stime fornite direttamente dall’ufficio competente dell’Ordine. Mentre i rigetti sono solitamente una piccola percentuale, dovuta al superamento della soglia del reddito o al non fondamento dell’istanza.

La terza opzione – la sospensione della richiesta – non è un’eventualità prevista dal testo unico sulle spese di giustizia. «Con essa – spiega Campochiaro – l’Ordine preclude la possibilità ai richiedenti di ripresentare l’istanza al magistrato competente che decide con decreto, ledendo il diritto di difesa». Infatti, mentre il rigetto può essere sottoposto al giudizio del giudice competente, la sospensione rappresenta un vero e proprio blocco della pratica con tutte le conseguenze del caso. Come il pagamento di alcune spese, quali l’iscrizione della causa al ruolo e il contributo unificato, aumentato del 50 per cento dal governo Monti. Spese che difficilmente i destinatari del provvedimento, immigrati senza permesso e quindi senza lavoro, possono permettersi.

I danni possono essere irreparabili. L’impossibilità di accedere al gratuito patrocinio potrebbe impedire a molti di loro di proporre il ricorso entro i termini di legge e obbligarli a rientrare nel paese da cui fuggono. A nessuno degli assistiti degli avvocati Fiore e Campochiaro è ancora successo, perché spesso i due legali pagano le spese di tasca loro. «Visti i numeri però, è purtroppo una cosa che non posso più permettermi di fare – dice Fiore – È assurdo pensare di dover dire a un assistito che non potrò difenderlo se non potrà pagarsi le spese di giustizia».

 

[Foto di glamismac]

Agata Pasqualino

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