Rete antiviolenza dei carabinieri, denunce in aumento «Non perché ci siano più casi, c’è meno sommerso»

Trenta carabinieri, tutti volontari, donne e uomini, hanno scelto di occuparsi delle vittime di violenza attraverso una rete diffusa sul territorio in sinergia con tutte le 100 stazioni presenti, quindi oltre che in centro anche in periferia e in provincia. Ad esempio a Partinico, Corleone, Petralia, Lercara Friddi. Una scelta dell’Arma che ha potenziato l’efficacia dei servizi già offerti a chi subisce abusi, con un approccio diverso. Nel solo mese di gennaio i militari hanno arrestato dieci persone e denunciato altre nove per questo tipo di reati. 

Ma non è solo una questione di numeri, è anche e soprattutto di formazione, disponibilità e iniziativa. «Sto riscontrando che pubblicizzare un’iniziativa di questo tipo – spiega a Meridionews il capitano Beatrice Casamassa, che coordina la Rete Antiviolenza –  che offre un supporto più qualificato oltre a  quello che ha sempre garantito l’Arma, fa in modo che aumentino le denunce da parte delle vittime. Non perché ci siano più casi ma perché c’è meno sommerso». Per questo motivo viene curata in modo particolare la formazione del personale che opera sul territorio, in modo che possa affrontare al meglio un tema delicato come quello della violenza di genere. «Non si tratta solo di un approccio professionale – continua Caramassa –  ma è necessaria una predisposizione diversa dell’operatore in termini di sensibilità, empatia e profonda conoscenza dei servizi attivi sul territorio che possano offrire anche una prospettiva futura alle vittime, come l’inserimento in una comunità o il potere rivolgersi a un centro anti-violenza». Conoscere quali siano le realtà attive nella zona di competenza quindi serve per dare un valore aggiunto, che va oltre la semplice denuncia. «La formazione serve anche per consentire agli operatori di interpretare comportamenti delle vittime – spiega il capitano –  che non significa sostituirsi agli psicologi ma è necessario per per adottare determinate accortezze che consentano alla vittima ad aprirsi». Come si diceva prima, i militari che operano all’interno della rete stanno lavorando molto sul sommerso e la rinnovata capacità di stare al fianco di chi subisce abusi incentiva le vittime a denunciare. Tutto grazie anche alle nuove misure a loro sostegno introdotte dalla nuova normativa del Codice Rosso

«L’aumento delle denunce è dovuto anche al fatto che le persone sanno che c’è la possibilità di parlare con una operatrice donna, visto che i carabinieri nell’immaginario collettivo sono in gran parte uomini. Senza contare che il servizio arriva fino in periferia, dove spesso c’è solo la stazione dei carabinieri». Ma la scelta dell’Arma è stata anche quella di restituire un modello di comandante di stazione positivo, un primo modello maschile che non sia giudicante e che si occupi di supporto e tutela. «Ci sono anche uomini che fanno parte della Rete. Già il fatto che abbiano deciso spontaneamente di occuparsi delle vittime di violenza è segno della predisposizione personale al servizio, anche per sfatare il mito che determinate dinamiche possono essere comprese solo da una donna, non è il sesso che fa la differenza». Il capitano però spiega che ci possono essere dei distinguo legati al tipo di reato o alla disposizione personale di chi subisce abusi. Ad esempio è più facile che chi è vittima di violenza sessuale abbia una ritrosia fisiologica a parlarne con un uomo mentre per un reato di maltrattamento una figura maschile può offrire un modello finalmente positivo rispetto a quello vissuto da chi denuncia nella quotidianità. Gli uomini e le donne dell’Arma infatti «ricevono la stessa formazione grazie agli incontri con la Procura, per conoscere le novità della normativa  – aggiunge Casamassa – e anche con psicologi per comprendere meglio come gestire la denuncia della vittima attraverso, ad esempio, il rispetto dei silenzi o il favorire un racconto libero e inserirsi con le domande in un momento successivo». In questo senso tutte le caserme si stanno attrezzando per offrire delle sale protette per offrire alle vittime degli ambienti dedicati. Un esempio è sala ascolto all’interno della Stazione Carabinieri di Palermo Oreto. Questa stanza per l’ascolto delle donne è arredata secondo uno studio specifico che favorisce un approccio empatico con chi intende denunciare questioni delicate.

Un’altra scelta dell’Arma è stata quella di non concentrare tutto il personale formato nel centro città. «C’è un operatore scelto per ogni territorio, anche in periferia e in provincia – conclude il capitano – che fa da supporto per tutta l’Arma in quella determinata area, fino ad occuparsi in prima persona dei casi più gravi e preoccupanti. Una manovra fatta a costo zero, non abbiamo formato un reparto ex novo ma ci siamo organizzati sviluppando percorsi normativi. Nel prossimo futuro contiamo di aprire sempre più sale dedicate al servizio e di implementare sempre di più la Rete grazie alla formazione a cascata sul territorio, con incontri formativi con gli altri colleghi». 

Stefania Brusca

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