CONTRO IL PATTO SCELLERATO TRA L’EX CAVALIERE E IL SEGRETARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO, OLTRE A CIVATI E MINEO, C’E’ ANCHE BERSANI
di Carmelo Raffa
Il vento in poppa di Matteo Renzi per l’approvazione della nuova legge elettorale sembra essere un suo sogno e non la realtà. Se l’incontro con l’ex Cavaliere gli portato fiori, il capo del Governo e del PD deve ora fare i conti con le spine pervenutigli dall’ex Segretario e leader della minoranza interna del PD, Pierluigi Bersani.
Non solo il Civati ed il Mineo costituiscono un problema, ma di traverso si è messa anche quella persona che, alle ultime elezioni politiche, rappresentava il leader ed al quale dovrebbe essere grata la maggioranza degli attuali parlamentari per essere stati inseriti nella lista bloccata e conseguentemente conquistare una bella poltrona alla Camera e al Senato.
Le argomentazioni addotte da Bersani sono più che condivisibili. L’ex segretario del PD dice che gli elettori debbono esercitare un minimo di democrazia nella scelta dei propri rappresentanti in Parlamento.
Attraverso i microfoni di Sky, l’ex leader del PD ha affermato le ragioni del proprio dissenso: “L’italicum – ha detto – va modificato, lo capisce anche un bambino. Ci sono le soglie, le liste civetta che prendono voti, ma non deputati. E poi bisogna fare in modo che il cittadino possa scegliersi il deputato. Le democrazie che funzionano – ha aggiunto Bersani – non sono le democrazie padronali”.
Bersani ha precisato i motivi per i quali l’attuale riforma elettorale non va: “Il combinato disposto, porta a questo esito: un capo, chiuso in una stanza, nomina i deputati dell’unica camera elettiva e i consiglieri regionali indirettamente. Attraverso il premio di maggioranza nomina il presidente della Repubblica, i membri della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura. Vogliamo scherzare?”. E concludendo: “La Camera, che diventa l’unica Camera elettiva, dovrà occuparsi credo degli equilibri generali del sistema. Semplificare e basta non significa far funzionare”.
Se il fronte della minoranza interna sembra compattarsi, da chi attualmente ha la guida del Partito arrivano segnali in tutt’altra direzione. Infatti scende subito in campo il vice segretario Guerini, che invoca il diritto della maggioranza di portare avanti le riforme ed in ciò alza la voce per sostenere Matteo Renzi che non solo ha vinto le primarie, ma è stato legittimato dal largo consenso ottenuto dal PD alle recenti elezioni europee.
Noi,al riguardo, dobbiamo ricordare a Renzi, Guerini & Co che gli attuali parlamentari avevano degli impegni ben precisi col programma di Pierluigi Bersani e da quello che abbiamo avuto modo di leggere in quel documento non erano previste modifiche legislative finalizzate a stravolgere la Costituzione Italiana ed ufficializzare che i cittadini non debbono scegliere i propri parlamentari e debbono solo esercitare la funzione di sudditi dei Governanti.
A questo punto non ci rimane che tifare per i Bersani, i Cuperlo, i Civati, i Mineo e per tutti i politici che hanno a cuore un’Italia veramente democratica in cui rinasca veramente e concretamente “fondata sul lavoro”.
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