Uno strumento ancora perfettibile, con le sue lacune, dovute soprattutto alla mancanza di una legislazione in materia che risolva tutti i dubbi. All’indomani dell’approvazione del registro delle unioni civili – che per entrare in funzione deve attendere i 60 giorni per i regolamenti di attuazione – non si è concluso il dibattito sul tema, come è emerso dall’evento organizzato da Cittàinsieme e CTzen ieri pomeriggio. Marco Consoli, vicesindaco e primo firmatario della proposta, parla di una delibera che avrebbe voluto approvata «da una larga maggioranza», perché «l’atto lo riteniamo non legato al programma di un partito o di una coalizione, ma prevedeva un profondo coinvolgimento sociale e si sperava che la maggioranza fosse più ampia». Il delegato del sindaco Enzo Bianco racconta di qualche rimpianto per come si è svolta la discussione in aula giovedì. «Si abbia il coraggio di esprimere la propria posizione: se si è contrari si è contrari, punto», dice riferendosi alla richiesta arrivata da qualche consigliere di procedere alla votazione segreta. E confessa di aver temuto fino alla fine i franchi tiratori.
«L’approccio non può essere religioso o morale», prosegue. «Chi amministra una città, governa una regione o il Paese, al di là dei propri convincimenti personali deve avere un approccio laico». «C’è stato chi ha detto “riconosciamo diritti e non doveri” – racconta – Ho voluto precisare che con il registro noi diamo soltanto la possibilità, a coloro i quali hanno i requisti, di poter accedere ai servizi regolamentati dal Comune». Tempo libero, sport, casa, salute sono gli ambiti di riferimento; alla domanda sulla copertura finanziaria precisa che «non andiamo a erogare fondi, ma interveniamo su quella fascia di soggetti che potranno usufruire di una serie di servizi».
Ascolta l’intervento completo di Marco Consoli
Tommaso Auletta, docente di Diritto privato ed esperto in diritto di famiglia dell’ateneo di Catania, ha fornito il parere legale nell’estensione del regolamento. Il professore spiega come sia nel dibattito cittadino che a livello delle commissioni «a volte sono stati posti dei problemi che mi sono sembrati strani». «Una certa mancanza di chiarezza delle idee sulle competenze del Comune. Con il registro non si stanno regolamentando le unioni civili», puntualizza. Come molti catanesi, anche più consiglieri hanno espresso il timore che con la delibera si aprisse la strada all’adozione da parte delle coppie omosessuali o alle questioni ereditarie: «Non di questo si sta discutendo – ribadisce il docente – Si tratta di riconoscere determinate forme di servizio a queste coppie», fa eco alle dichiarazioni di Consoli. E sulle motivazioni che possono spingere all’iscrizione al registro Auletta spiega che «non tutti coloro che convivono possono sposarsi» e cita le lungaggini per il divorzio e il caso delle unioni omosessuali. E, comunque, «la libertà di decidere se adottare un modello di famiglia piuttosto che un altro credo debba essere lasciato alla libertà dell’individuo». In assenza di una decisione del legislatore, rimasto inerte su queste tematiche, «la storia nel frattempo va avanti». E si trovano soluzioni alternative a quel vuoto.
Ascolta l’intervento completo di Tommaso Auletta
Giuseppe Vecchio, docente del dipartimento di Scienze politiche e rappresentante del Laboratorio per la città nato in seno alla diocesi etnea, pone un interrogativo: «Il problema che abbiamo davanti è: l’unione registrata è legittimata ad accedere agli stessi servizi ai quali può accedere la famiglia, sulla base di una legislazione che prevede che a certi servizi acceda la famiglia?». Altra nota dolente è l’eccessiva semplicità con la quale ci si può iscrivere al registro. «La prova anagrafica è sufficiente?», chiede ancora. Vecchio sottolinea anche come l’iscrizione possa essere utilizzate in maniera impropria per usufruire dei servizi, su tutti la graduatoria per gli accessi agli alloggi popolari. «Mi pare che il requisito dell’anno di residenza sia debole».
Ascolta l’intervento completo di Giuseppe Vecchio
«I diritti vanno garantiti indipendentemente dalla richiesta. Non si trattano come merce». Alessandro Motta – referente del Comitato civico per i diritti civili e presidente di Arcigay Catania – replica così a quanti hanno fatto notare come nelle città nelle quali il registro è in vigore non sia uno strumento utilizzato. E riporta la discussione sul piano simbolico, allontanando per qualche attimo le riflessioni giuridiche. «Il registro ha una valenza simbolica, il segnale di una pubblica amministrazione in direzione di abbattere le discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere è forte». Il presidente di Arcigay fa notare inoltre come «lo statuto comunale, all’articolo 6 comma 12, dice che la coppia di fatto è equiparata alla famiglia». Secondo Alessandro Motta «l’esistenza di un tipo di famiglia non è un danno per le altre – e conclude – Garantire un diritto non significa toglierne altri».
Ascolta l’intervento completo di Alessandro Motta
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