Anche questa settimana politica e parlamentare passerà in cavalleria. La Commissione Bilancio e Finanze dell’Ars tornerà a riunirsi già oggi. Ma non avrà a disposizione la riscrittura della manovra economica che il Governo di Rosario Crocetta, a meno i nuovi colpi di scena, dovrebbe presentare lunedì prossimo.
Di questa nuova versione della manovra (quella presentata lo scorso dicembre è già stata ritirata dal Governo) non si sa molto. Qualcuno sussurra che il Governo potrebbe presentare un maxiemendamento. Unipotesi che potrebbe dare adito a non poche contestazioni non solo dalle opposizioni di centrodestra ma, in generale, da tutto il Parlamento dellIsola.
Va ricordato che le Commissioni legislative di merito – ad eccezione della Commissione Bilancio e Finanze – si sono già pronunciate sul vecchio testo. Ciò significa che se il Governo, comè probabile, presenterà un nuovo testo, le stesse Commissioni legislative di merito potrebbero chiedere di tornare a ripronunciarsi, ognuna per la parte che le compete, sulla nuova formulazione della manovra. Richiesta che la presidenza dellArs difficilmente potrebbe respingere.
Con molta probabilità, anche per il rispetto verso Sala dErcole, il Governo potrebbe procedere con una nota di variazione al vecchio testo, dando modo al Parlamento dellIsola di esaminare il nuovo testo.
Non mancano le indiscrezioni sullimpostazione della manovra. Nonostante gli apprezzabili sforzi dellassessore allEconomia, Luca Bianchi, la situazione del bilancio della Regione resta piuttosto critica.
Cè da coprire il buco dello scorso anno, che ammonta a circa 1 miliardo di euro. Un altro miliardo di euro è lammanco di questanno. A questo si aggiunge laccantonamento un po abusivo, imposto dal Governo nazionale, pari a 900 milioni di euro diventati, a quanto pare, 800 milioni.
Di fatto, si parte con un buco di 2,8 miliardi di euro. Una somma enorme. In queste ore sono in corso a Roma trattative tra Governo nazionale e Governo regionale. Il presidente Crocetta ha promesso lapplicazione dellarticolo 37 dello Statuto autonomistico siciliano. Ciò significa che la Regione, per la prima volta dopo oltre 60 anni di Autonomia, terrà per sé le imposte che le imprese con stabilimenti in Sicilia ma sede sociale fuori dallIsola fino ad oggi hanno pagato altrove.
La sensazione è che si dovrebbe trattare di una sorta di accordo tra accantonamenti (i già citati 800 milioni di euro richiesti da Roma per risanare i conti pubblici del nostro Paese) e imposte che resterebbero in Sicilia in virtù dellapplicazione dellarticolo 37.
Stando a quello che abbiamo capito, lo Stato si accinge a dare alla Sicilia con la mano destra (applicazione dellarticolo 37 dello Statuto) ciò che ci sta togliendo con la mano sinistra (richiesta di accantonamento di 800 milioni di euro). Insomma, una mezza sceneggiata alla Governo Monti.
Ricordiamo che, con lapplicazione dellarticolo 37, lo Stato potrebbe girare alla Sicilia, oltre che gli introiti relativi alla riscossione di alcune imposte, anche alcune competenze che, ancora oggi, sono pagare da Roma (un esempio per tutti: il pagamento delle retribuzioni ai docenti delle scuole). Noi ci auguriamo che in questo dare e avere la Regione ci guadagni qualcosa.
In ogni caso, è importante che passi il principio relativo allapplicazione dellarticolo 37, che imporrà alla Regione di organizzarsi anche per la riscossione di queste imposte.
Non sappiamo, in questo dare e avere tra Stato e Regione, quanti soldi il Governo Crocetta riuscirà a portare in Sicilia. Ma sappiamo, come già accennato, che si parte da un buco di 2,8 miliardi di euro.
Il Governo Crocetta ha annunciato che circa 350 milioni dovrebbero arrivare dalla rimodulazione del Par-Fas. Sono soldi che dovrebbero servire per gli investimenti in infrastrutture. Risorse che, anche questanno, finiranno in spesa corrente per pagare il trasporto pubblico su gomma e il trasporto navale che riguarda gli arcipelaghi della Sicilia (trasporto passeggeri e merci pericolose via mare).
Poi cè il già citato articolo 37 che dovrà compensare (almeno così si spera) laccantonamento di 800 milioni di euro, anche se la speranza è che nelle casse regionali arrivi qualcosa in più. In terza battuta ci dovrebbe essere il ricorso alla Cassa depositi e prestiti: ma qui il terreno comincia diventare scivoloso, perché ci si dovrebbe indebitare per fronteggiare la spesa corrente: cosa non facile, visto che una manovra simile è già stata impugnata, lo scorso anno, dal Commissario dello Stato, senza alcuna opposizione da parte della Regione che non ha presentato ricorso presso la Corte Costituzionale.
Che succederà? Conti alla mano, il Governo regionale, tra applicazione dellarticolo 37, Par Fas e, forse, ricorso alla Cassa depositi e prestiti potrebbe arrivare a racimolare una cifra che oscillerebbe da 600-700 milioni di euro (previsione pessimistica) a un miliardo e mezzo di euro (previsione molto ottimistica). Nel primo caso, dovrebbe fronteggiare un buco di circa 2 miliardi di euro. Nel secondo caso il buco si ridurrebbe a 1,2-1,3 miliardi di euro.
Noi, ovviamente, ci auguriamo il secondo scenario. Anche se il pessimismo è dobbligo, perché proprio ieri lUnione Europea ha fatto sapere al Governo italiano che bisogna procedere speditamente verso laggiustamento dei nostri conti pubblici: principio che il vecchio Parlamento nazionale, con molta incoscienza, ha inserito nella Costituzione del nostro Paese, vulnerando, di fatto, lautonomia italiana in materia di conti pubblici, alla faccia della lettura in tv della Costituzione!
In questo scenario, insomma, al di là dei proclami, il pessimismo è dobbligo. Ed è proprio alla luce di questo scenario molto problematico che si fa strada unipotesi che, poi, è la notizia che comincia a circolare in queste ore come indiscrezione.
A quanto sembra, il Governo si accingerebbe a presentare un bilancio 2013 finanziando solo le spese di funzionamento (stipendi del personale, spese obbligatorie, pensioni, affitti, eccetera). Tutto ciò che non rientrerebbe nelle spese di funzionamento finirebbe in finanziaria. In queste spese di funzionamento rientrerebbero anche la sanità e le società partecipate dalla Regione.
Questa soluzione un po temeraria sarebbe caldeggiata, anche se con motivazioni diverse, dai dipendenti della Regione (che si assicurerebbero, così il pagamento degli stipendi) e dallufficio del commissario dello Stato.
Tutti gli altri capitoli verrebbero finanziati in quattro dodicesimi o, in assenza di ricorse, andrebbero per memoria (formula che indica il definanziamento di un capitolo di bilancio).
Questa impostazione consentirebbe di mettere in sicurezza le spese di funzionamento della macchina regionale. Ma lascerebbe scoperti tutti gli altri settori oggi a carico del bilancio della Regione: precari degli Enti locali, fondo per i Comuni, forestali, formazione professionale, pagamenti alle imprese, Irsap, Consorzi di bonifica, tabella H, solo per citarne alcuni.
In pratica, il finanziamento di interi settori delleconomia siciliana – che ancora oggi, per oltre il 90 per cento, dipende dalla spesa pubblica regionale: e questa è la vera anomalia – rimarrebbero in balia della Finanziaria.
Questimpostazione si presterebbe a pesanti critiche da parte dei Sindaci (oltre il 50 per cento dei Comuni dellIsola è sullorlo del dissesto finanziario), delle imprese siciliane che continuerebbero a non essere pagate (si tratta di pagamenti arretrati per lavori già sostenuti), dei forestali (che lassessore Dario Cartabellotta ha ribattezzato addetti ai boschi, perché in Sicilia non ci sono foreste: ma si tratta, comunque, di 25 mila soggetti che non possono essere abbandonati) e degli operatori della formazione professionale.
La formazione rimarrebbe fuori dal finanziamento con fondi regionali e senza le risorse del Fondo sociale europeo 2007-2013 sparite nel silenzio generale. Alla formazione andrebbero circa 200 milioni di euro del Piano Giovani, mentre altri 250 milioni di euro verrebbero impiegati per finanziare politiche giovanili (anche in questo caso si tratta di unoperazione a perdere per la formazione professionale siciliana, perché questi 450 milioni di euro – che facevano parte dellFse 2007-2013 – sono stati dirottati a Roma e ora verrebbero utilizzati solo in parte in questo settore).
Resterebbero fuori, al di là della demagogia elettorale dei mesi scorsi, i 23 mila precari degli Enti locali ai quali, forse (ma non è detto), verrebbero assegnate le risorse per pagarli fino a luglio: poi dovrebbe intervenire unimprobabile norma nazionale, in assenza della quale 23 mila persone, dopo anni di lavoro, dovrebbero tornare a casa: cosa, questa, che appare inaccettabile.
Si profila, insomma, una manovra che, al di là delle parole, spesso demagogiche, rischia di provocare un impatto sociale fortissimo.
Rischiano di restare fuori anche i circa 3 mila lavoratori della cosiddetta Emergenza Palermo. Soggetti che rientrano nella società Social Trinacria Onlus. Questi ex Pip di Palermo, dal 2010 sono a carico della Regione. Per la retribuzione di questi soggetti sarebbe venuta meno unagevolazione fiscale statale: cosicché il costo, da 36 milioni di euro sarebbe lievitato a 56 milioni di euro.
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