Regione siciliana, un bilancio di sprechi

Siamo arrivati al quinto mese dell’anno e la Regione siciliana è ancora senza bilancio. Questo è un dato di fatto innegabile, tuttavia il governo della Regione, che è formato in larga misura da tecnici, non è stato capace di predisporre un bilancio capace di avviare politiche di sviluppo perché i soldi che incassa li utilizza tutti in spesa corrente improduttiva e in sprechi e quindi non gli rimangono margini per attivare politiche di investimento e di crescita. Se non ricorrendo a mutui da aggiungere al monte debitorio in atto, che ha raggiunto e, forse, superato il tetto dei cinque miliardi di euro. Pagando peraltro questo indebitamento a tassi esorbitanti, atteso il declassamento pronunciato dalle agenzie di rating avverso la solvibilità della Regione medesima.

Dall’analisi che questa testata ha svolto sul bilancio consuntivo dell’esercizio 2010 risulta evidente che l’80 per cento delle risorse ordinarie proprie della Regione siciliana è speso per mantenere costi correnti che, per definizione, sono spese improduttive, cioè sprechi. Ma i nostri governanti non se ne danno per inteso e proseguono imperterriti nella loro azione di distruzione dell’Autonomia siciliana.

Se le risorse disponibili sono impiegate in spese correnti rimangono le briciole (appena il 20 per cento) per gli investimenti: da qui la necessità di accendere costosissimi mutui per attivare gli stessi investimenti cofinanziati dallo Stato e dall’Europa (anche se, con i soldi del caso del mutuo da oltre 500 milioni di euro impugnato dal commissario dello Stato la Regione, più che a investimenti, penserebbe di pagare i trentamila forestali, i trattoristi dell’Esa e altre categorie: dunque un mutuo per pagare ‘stipendi’: una follia).

Dunque, l’impugnativa del bilancio da parte del commissario dello Stato mette a rischio il pagamento di stipendi dei dipendenti di enti regionali. Va da sé, insomma, che l’indebitamento che la Regione vorrebbe ulteriormente contrarre nonostante l’impugnativa del commissario dello Stato non è destinato ad investimenti e quindi potenzialmente alla produzione di ricchezza, ma a pagare stipendi e a mantenere ‘carrozzoni’, per andare di gran carriera verso il fallimento della Regione e dei suoi numerosi clientes.

Ci chiediamo e chiediamo: per conseguire questi risultati disastrosi c’era bisogno di impegnare tanti ‘tecnici’ che, forse, avrebbero contribuito meglio e di più se fossero stati lasciati a svolgere il loro compiti per i quali sono certamente qualificati?

Non sembra una buona politica quella messa in campo dall’onorevole Raffaele Lombardo, specie se questi ‘talenti’ professionali poi finiscono per misurarsi nell’agone politico, presentando a loro credito il risultato fallimentare della loro esperienza di governo. E mai possibile che questo governo non abbia inteso che l’allargamento dell’apparato burocratico, cioè del terziario, in assenza di un apparato produttivo all’altezza di accrescere di valore aggiunto l’economia siciliana, prima o poi – più prima che poi – avrebbe provocato il default dell’ente Regione? Questa regola elementare di economia è matura in tutte le massaie di Sicilia, ma non nella ‘preseunta’ classe di governo della Sicilia. Purtroppo è questa la ragione prima del sottosviluppo. E’ una tara culturale ancora prima che economica.

Vediamone alcuni di questi sprechi, per sintesi.

La formazione professionale. E’ effettuata da alcuni enti privati, convenzionati ed accreditati presso la Regione siciliana. Questi per funzionare assumono delle unità lavorative e quindi costoro debbono comunque avere assicurato uno stipendio dalla Regione. Anzi, ormai non più dalla Regione, ma dall’Unione Europea che, forse senza saperlo, finanzierà tali Enti con i 286 milioni di euro dell’Avviso 20 (ammesso che la Corte dei Conti farà passare questa nuova ‘greppia’).

La forestazione. La Regione con 5 milioni di abitanti ed appena due piccole catene montuose (Madonie e Nebrodi-Peloritani, nonché qualche piccola zona montuosa (gli Iblei, gli Erei ed il comprensorio del Sosio) vanta un esercito di oltre 30 mila forestali, mentre la Lombardia, con una popolazione doppia rispetto alla Sicilia e con una catena montuosa che comprende gran parte dell’arco alpino, di forestali ne ha appena 3 mila.

Le società regionali. Costituite per “…conseguire le finalità istituzionali”, le 34 società a totale o parziale partecipazione regionale (siamo da tempo in attesa che diventino 14), in molti casi, pagano stipendi a persone assunte senza un titolo riconosciuto, tranne quello di appartenere alla grande schiera dei clienti del potere, come se già la pletorica macchina amministrativa regionale non fosse capace di “…conseguire le finalità istituzionali”. Non tutte le società regionali funzionano male: ce ne sono alcune (poche) che svolgono un lavoro corretto e meritorio, mentre altre sono dei veri e prorpi ‘carrozzoni mangiasoldi’.

C’è poi la grande palude delle voci che in bilancio sono riportate sotto la dicitura di ‘Spesa di parte corrente’ dove almeno la metà potrebbe essere tranquillamente tagliata senza che la ‘efficienza’ funzionale della Regione ne soffrisse minimamente. L’elenco potrebbe ancora proseguire con i consorzi di bonifica, la partecipazione alla società Stretto di Messina, la liquidazione infinita degli enti economici soppressi e via contionuando, ma per dare il senso degli sprechi sono già sufficienti i casi appena menzionati.

Ebbene, di tagliare questi rami secchi non se ne parla nemmeno e si pensa piuttosto ad alzare la soglia dell’indebitamento per continuare a pagare stipendi improduttivi ed ad alimentare la schiera dei clienti e degli amici.

 

Riccardo Gueci

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