Che succede nella politica siciliana? Succede che, dopo circa un anno o forse più di indagini, la magistratura alza il velo su due grandi concentrazioni di malaffare: il Ciapi di Palermo e la promozione dellimmagine della Sicilia con i fondi dellassessorato regionale al Turismo. Due bubboni dove troviamo politici, burocrati e imprenditori che ballano il valzer delle tangenti. Lo giuriamo: non siamo informati, ma abbiamo la sensazione che questo sia solo linizio di un uragano dagli esiti imprevedibili.
Troppi i soldi che, allora, circolavano senza controllo. Troppo forte e permeante il cosiddetto sistema costruito da Fausto Giacchetto. Ma lanalisi sul passato, anche recente, non deve far perdere di vista quello che succede nel presente. Anche perché esiste un legame stretto tra quello che succedeva dagli anni di Agenda 2000 fino a poco più di un anno fa e quello che succede oggi. Tanti personaggi che ballavano allora ballano ancora oggi. Con riferimento a politici e burocrati regionali.
La pubblica amministrazione è fatta anche di atti che producono fatti. I fatti, tutti i fatti amministrativi, sono sempre preceduti da atti. Basta analizzarli. E saperli e volerli leggere. Ieri, mentre venivano fuori i nomi dei politici e dei burocrati regionali coinvolti nelle incredibili storie del Ciapi di Palermo e dellassessorato regionale al Turismo, i vertici dellattuale Governo regionale si chiamavano elegantemente fuori dalla vicenda. Quasi a segnare uno spartiacque tra il passato e il presente.
Eppure, alcuni mesi fa, Franco Battiato, con la sua sensibilità di artista, oltre a denunciare la grande abbuffata di soldi pubblici destinati al turismo siciliano e finiti chissà dove, anche se con uniperbole che è stata volutamente fraintesa, soprattutto dai vertici del Governo regionale, segnalava lagire disinvolto di certe figure che sarebbe esageratamente intellettuale definire dionisiache.
In realtà, il clima stigmatizzato da Battiato era chiarissimo. Con riferimento non tanto e non soltanto ai canoni classici di certe raffigurazioni umane, ma anche allo stile di unamministrazione pubblica che, in Sicilia, non ha nulla di diverso, in senso figurato, alle degenerazioni immaginate dal grande artista siciliano.
Eppure, davanti alla denuncia dello stile di unepoca – la nostra – i farisei della politica-politicante in salsa sicula non hanno trovato di meglio che fare uscire di scena Battiato. Invece di soffermarsi sulle figure che lartista indicava, si è preferito mettere fuori gioco lartista. E dire che si parlava di costume politico e non di filosofia teoretica!
A proposito del costume amministrativo, vorremmo chiedere al presidente della Regione, Rosario Crocetta, che cosa pensa di una vicenda che abbiamo raccontato nei giorni scorsi e che continueremo a raccontare: quella del parere, espresso da vertici dellAran, sui dirigenti regionali esterni allamministrazione regionale. Crede, il presidente Crocetta, che questa vicenda non abbia nulla a che spartire con lo stile amministrativo di una Regione che viene fuori in queste ore?
Se lei crede questo, egregio presidente della Regione, si sbaglia di grosso. La correttezza, nellamministrazione della cosa pubblica, è una e una soltanto. La morale, nellamministrazione della cosa pubblica, è una e una soltanto. Se viene commessa una scorrettezza, ebbene, questa rimane tale anche se il protagonista si crede al di sopra delle leggi. Se lei, presidente, crede che la Giacchetto story farà dimenticare quello che succede attualmente nei ‘Palazzi’ della politica (e dell’amministrazione) siciliana, ebbene, si sbaglia di grosso.
Due giorni fa, leggi alla mano, abbiamo dimostrato che il dipartimento regionale della Funzione pubblica non avrebbe mai e poi mai dovuto chiedere un parere al Commissario straordinario dellAran sui dirigenti esterni allamministrazione. E il Commissario dellAran, a propria volta, non avrebbe mai e poi mai dovuto esprimere un parere su un fatto che riguardava se stesso e la di lui moglie.
Tutto questo, a lei, presidente, le sembra diverso dai fatti dai quali prende le distanze? A noi non sembra diverso. Noi registriamo la solita, immancabile arroganza del potere.
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