Dieci pagine per sintetizzare «quattro anni e mezzo di fallimenti». È la brochure prodotta dalla Cisl alla vigilia del quinto congresso del settore regionale Funzione pubblica. Nel documento si ripercorrono i punti più dolenti dei governi targati Rosario Crocetta, esperienze che – a detta del sindacato – sarebbero stati costellati «da flop e scivoloni». Mentre i numeri raccontano di una Sicilia alle prese con problemi oggettivi sempre più gravi. A partire dalla disoccupazione giovanile che, tra il 2012 e il 2015, è passata dal 51,2 al 55,9 per cento; con il dato relativo alle giovani donne ancora più critico pari al 56,3 per cento (+4,7 per cento). E parlando di cifre poco rassicuranti è inevitabile fare riferimento anche all’aumento del debito, passato 5,9 a 8,2 miliardi di euro, con l’ultimo mutuo che scadrà soltanto nel 2045.
Il tour delle grane della politica siciliana inizia con quello che forse è il più grande flop: la riforma mancata delle Province. «È nata in televisione. Ma dopo il trailer, nessuno ha visto il film perché non è mai stato portato a termine – si legge nella brochure -. Non c’è nulla da ridere, in realtà, in questo fallimento che ha colpito innanzitutto gli enti e i loro lavoratori. I ritardi e degli errori hanno finito persino per escludere le ex Province siciliane dal riparto nazionale dei fondi». Le critiche del sindacato poi passano alla sanità, con una rete ospedaliera che si fa attendere da troppo tempo, così come lo sblocco delle assunzioni. «Nel 2015, l’assessore alla Salute era ancora Lucia Borsellino e già si parlava delle nuove, fantasmagoriche assunzioni in ospedali e Asp», sottolinea la Cisl. Nel frattempo, invece, il settore vedeva il cambiamento degli assessori ma anche dei decreti che lo regolano, con «nuovi parametri, più stringenti, per la distribuzione sul territorio regionale di presidi, pronti soccorso e reparti».
Di stallo in stallo, si arriva alle lentezze nell’approvazione dei bilanci, con le proroghe agli esercizi provvisori che di fatto hanno ridotto al lumicino la capacità della politica di pianificare gli interventi economici. Anche se in tema finanziario, l’accusa principale è legata alle conseguenze dell’accordo tra Regione e Stato. «Un accordo, ha rivendicato Crocetta, che avrebbe garantito alla Regione entrate certe per i prossimi anni in cambio sostanzialmente dell’Autonomia – spiegano i sindacalisti -. Visto che il governo si è impegnato a rinunciare ai contenziosi in atto contro lo Stato». Condizione che è stata accettata nonostante «uno Stato che, a detta della Corte dei conti, ha vessato l’Isola, acquisendo dalla Sicilia risorse che non gli spettavano». Dal canto suo da Roma è intervenuta più di una volta impugnando le leggi approvate dalla Regione. «Nell’ultimo anno, infatti, si è andato avanti al ritmo di una impugnativa ogni 40 giorni. Interventi della presidenza del Consiglio che hanno avuto un duplice effetto: cancellare diverse norme regionali e costringere governo e Ars a ricopiare in bella le leggi statali».
Unica nota lieta, ma senza particolari entusiasmi, riguarda i precari. «Stavolta qualche passo avanti è stato compiuto – ammette la Cisl -. La recente decisione della presidenza del Consiglio dei ministri di non impugnare la norma regionale per le stabilizzazioni è una buona notizia, che dà un po’ di concretezza alle speranze di tanti lavoratori. Ma non è il momento di abbassare la guardia».
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