Inizia subito con un rinvio il processo all’ex consigliere di Catania, Riccardo Pellegrino, per il presunto voto di scambio in occasione delle Regionali 2017. All’origine dello slittamento, deciso dal giudice Domenico Stilo, c’è stato un difetto di notifica a uno degli imputati, accusati di avere avuto un ruolo nella ricerca dei voti per il politico originario del quartiere San Cristoforo che, a novembre di due anni fa, tentò la scalata all’Ars, nonostante l’etichetta di impresentabile affibbiatagli per i problemi giudiziari del fratello Gaetano condannato in primo grado perché ritenuto uno degli uomini di fiducia del boss Nuccio Mazzei.
Pellegrino, questa mattina, non era nell’aula della quarta sezione penale di via Crispi. Presente invece il suo legale, l’avvocato Luca Mirone, al quale nelle prossime udienze si affiancherà il collega Giuseppe Lipera. A presenziare, invece, è stato uno degli altri illustri imputati: Biagio Susinni. L’ex sindaco di Mascali deve rispondere dell’accusa di avere fatto parte della catena di comando creata per raccogliere consensi in favore di Pellegrino, o meglio di avere deviato sul giovane politico catanese quei voti che in un primo momento sarebbero dovuti andare ad Ascenzio Maesano.
Quest’ultimo – anche lui imputato per il reato di corruzione elettorale – avrebbe voluto provare a diventare onorevole all’Ars, sulla scia della terza esperienza da sindaco di Aci Catena. Una candidatura alle Regionali che sarebbe stata preparata oltre un anno prima del voto ma che poi è tramontata con l’arresto del 10 ottobre 2016, quando gli uomini della Dia bloccarono l’allora primo cittadino e un ex funzionario – nei mesi scorsi condannati in via definitiva a poco meno di tre anni – pochi mesi dopo essersi intascati una mazzetta da 20mila euro da un imprenditore. Maesano, che attualmente si trova nella casa di reclusione di San Cataldo per gli effetti della legge Spazzacorrotti, non era presente in aula. I suoi legali, tuttavia, non hanno sollevato eccezioni in merito al possibile legittimo impedimento, come invece fatto poche settimane fa in occasione dell’udienza per il processo Gorgoni, dove il politico catenoto deve rispondere di corruzione nell’ambito dei rapporti con l’impresa di raccolta rifiuti Senesi.
Tornando ai fatti legati a Pellegrino e al padre di quest’ultimo, Filippo, pure lui accusato di essersi impegnato nella ricerca di voti dietro compensi, va ricordato che per i magistrati, i due si sarebbero adoperati tra Catania, Acireale, Aci Catena, Vizzini e Ramacca. Nel banco degli imputati, per questo, si presenteranno anche una lunga serie di presunti portatori di voti e galoppini. Il prezzo del consenso sarebbe stato in più casi fissato in 50 euro a preferenza. Ma non sarebbero mancati i contributi forfettari che avrebbero consentito l’organizzazione di piccoli eventi di paese.
A restare ancora aperto, intanto, è il secondo filone dell’indagine in cui trova spazio, oltre alla corruzione elettorale semplice anche l’ipotesi di voto di scambio politico-mafioso. La notizia, data in esclusiva da MeridioNews a giugno dello scorso anno, è trapelata dopo la ricezione da parte di 15 persone di una notifica per accertamenti irripetibili su cellulare di Pellegrino. A essere indagati in questa seconda inchiesta sono anche Susinni e l’ex deputato regionale ripostese Nino Amendolia, mentre non compare Maesano. Presenti, invece, diversi altri politici catenoti, tra i quali l’attuale consigliere e già candidato sindaco del Pd, Francesco Petralia, e il padre della candidata sindaca per la Lega Nord ad Acireale alle scorse Amministrative.
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