Regionali, Forza Italia respinge il nipote di Lombardo Lui però ci spera: «Contro di me veto ad personam»

Porte chiuse a Giuseppe Lombardo in Forza Italia. Alle prossime Regionali il nipote dell’ex presidente Raffaele Lombardo, nella lista catanese del partito di Berlusconi, non ci sarà. Lo conferma tutto lo stato maggiore forzista, sebbene il diretto interessato, a denti strettissimi, confermi di continuare a sperare. «La mia candidatura è tramontata, ma solo allo stato attuale», dice a MeridioNews il figlio dell’ex deputato Angelo, pilastro dell’epopea autonomista seppur in forma diversa rispetto al fratello leader. Il nome di Giuseppe, per tutti Peppe, in politica ci sta da sempre, eccome, e non solo per il casato d’appartenenza. Lontano dalle copertine, ma vicino alle urne soprattutto in campo giovanile, universitario e locale. Stavolta pareva proprio che fosse arrivata l’ora della ribalta anche per lui, nel quadro di un passaggio di testimone con il cugino Toti, che attende solo il 5 novembre per salutare, senza troppo dispiacere, Palazzo dei Normanni e con esso l’impegno diretto in politica.

A fare da guastafeste, però, ecco tutti i colonnelli etnei del partito azzurro. Per un motivo che può essere chiaro anche a chi, di politica, non ne vuol proprio sapere. Ritrovarsi sotto elezioni, nella lista dei 13 concorrenti per l’Ars, un rivale inaspettato e di cui nessuno si sente di sminuire la forza elettorale farebbe saltare i piani a chiunque. Troppo alto il rischio che, ad accaparrarsi uno dei due seggi cui sembra poter aspirare Forza Italia a Catania, possa riuscirci l’illustre nipote, forte dell’appoggio neanche tanto celato dello zio. Che, a sua volta, lavora con Saverio Romano e Roberto Lagalla alla lista Popolari e autonomisti – una delle gambe centriste del ricompattato centrodestra di Nello Musumeci – con una precauzione chiarita a tutti da mesi: nessun Lombardo sarà mai presente nel contenitore post-lombardiano. A suggellare l’audacia dell’ultima scommessa di famiglia avrebbe dovuto essere, poi, l’intervento di Silvio Berlusconi. Direttamente dal cavaliere era arrivato l’impegno a garantire ospitalità in lista all’ingombrante candidato, in nome dell’antica amicizia con l’ex presidente della Regione. 

«È vero, Berlusconi lo aveva chiesto sulla base del suo legame con Lombardo», dice l’ex onorevole Pippo Arcidiacono che, rientrato in FI dopo la sbandata miccicheiana di Grande Sud, più di un’occhiata alla lista di Catania l’ha data, nelle ultime settimane, nel nuovo ruolo di coordinatore cittadino. «Ma i candidati sono stati chiarissimi: o lui o noi», ammette il fedelissimo di Miccichè, ricordando come solo pochi giorni fa quel malessere dei big era finito nero su bianco in una lettera spedita a Roma. Una decina di candidati in pectore che si dichiara pronta a mollare la baracca non è certo cosa da poco. «Non se ne farà nulla, non ci fosse stata la lista degli autonomisti se ne poteva forse discutere, ma in questo quadro la candidatura di Lombardo non potrebbero mai accettarla», ragiona Arcidiacono. E un analogo niet, d’altronde, vale anche per l’altro peso massimo, il vicepresidente designato del centrodestra Gaetano Armao, parimenti respinto dai catanesi nonostante della sua corsa nei tre collegi metropolitani ne avesse fatto menzione pure nei suoi manifesti. Chi sarà invece della partita? Al netto dell’incognita Riccardo Pellegrino, i nomi certi sono sempre quelli di Dario Daidone, Marco Falcone, Alfio Papale, ma anche Elio Tagliaferro, Antonello Sinatra, Gaetano Leonardi e le novità, in quota rosa, di Rosamaria Baiamonte per Scelta civica, Valentina Manuele, figlia dell’ex consigliere provinciale Rino, e dell’assessore di Mascali Virginia Silvestro.  

Anche Berlusconi forse ha ceduto, eppure Peppe Lombardo non si rassegna. «Qualche dirigente locale ha posto questo veto, una specie di bolla papale ad personam, sembra quasi che noi torniamo buoni solo quando si tratta di dare il sangue», attacca l’aspirante deputato, che poi svela la logica dietro l’apparente candidatura paracadutata: «Gli autonomisti presentano liste in tutte le nove province e saremo determinanti per far vincere Musumeci, in quest’ottica era nata l’idea del mio ingresso in Forza Italia». C’è un disegno lucido, e non l’innamoramento verso il vessillo del Cav che, della certificazione di una tessera oppure del codice etico, non ha di certo bisogno: «Mio padre non è mai stato condannato. Poi vedo che in lista ci sarà Elio Tagliaferro che, come me, in Forza Italia non è mai stato iscritto, il veto quindi non regge», sostiene Giuseppe. 

Che naufraghi davvero tutto o meno, in discussione potrebbero finirci non l’alleanza con Musumeci – «Lo sosterremo fino in fondo» – ma tutt’altre logiche, anche queste in chiave cittadina. «Spero che prevalga il buon senso soprattutto fra i dirigenti», si augura il nipote di Raffaele Lombardo. E se così non fosse? «Poi si vedrà, ci saranno ad esempio le Comunali a Catania, dove noi presenteremo delle liste, vedremo che succederà». Destinatario del messaggio sembra proprio quel Salvo Pogliese, coordinatore provinciale di Forza Italia, che più di un pensierino, alla candidatura a sindaco di Catania, lo sta facendo e la cui parola, sull’assetto finale della lista per le Regionali, peserà non poco. 

Francesco Vasta

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