«Il presidente in carica non può non essere preoccupato da quello che sta avvenendo, abbiamo assistito a una serie situazioni veramente anomale e a questo punto non ci si poteva limitare alla sola denuncia, ma andava incalzato il tema del controllo. Quello che sta accadendo in queste ultime settimane anni non avveniva da almeno 10 anni. La prossima legislatura non può permettersi un avvio condizionato da inevitabili ombre». Rosario Crocetta rilancia la lettera inviata a Minniti e fa il punto sullo stato dell’arte. Dalle frizioni interne alla coalizione, fino a un bilancio degli ultimi cinque anni.
Il ministro Minniti non ha mostrato alcuna apertura a una possibile richiesta di intervento all’Osce. La Regione potrebbe avanzare una richiesta?
«Tecnicamente la Regione può farlo, ma credo che sarebbe più importante che a chiedere un intervento fosse direttamente il ministro dell’Interno. Lo vedrei come un segno di attenzione importante, mi piacerebbe molto. È evidente che se il ministro non dovesse intervenire, eventualmente lo farà la Regione. Io però continuo a sperare che non ci sia bisogno di arrivare a questo, sono convinto che Minniti farà qualcosa».
Claudio Fava ha definito la sua lettera a Minniti una carnevalata. Cosa risponde?
«Le parole di Claudio Fava mi sembrano ancora una volta arroganti e irrispettose. Al contrario, considero una carnevalata la richiesta che lui avanza alla politica di un controllo preventivo sulle liste. Sarebbe bello, ma evidentemente la realtà ci dice altro. Sinceramente, però, non voglio polemizzare con un candidato, tra l’altro io non lo sono nemmeno. Fava è sempre convinto di essere l’unico esponente del mondo antimafia a potere dire la propria. È chiaro che avrebbero dovuto farlo i partiti, ma se loro non lo hanno fatto, che facciamo? Restiamo fermi?».
Tutti i sondaggi registrano una forte tendenza dei siciliani all’astensionismo. È d’accordo con questa proiezione?
«Quello della tendenza all’astensionismo è un fenomeno che si era verificato già cinque anni fa. Tutti gridavano allo scandalo, ma siamo in democrazia e la gente anche attraverso il non voto esprime il proprio dissenso. Non è la scelta giusta, personalmente invito ad andare a votare, ma bisogna avere rispetto anche delle posizioni diverse rispetto alla nostra».
Quali sono a suo avviso i motivi?
«Dal 2007 in Sicilia si sono persi circa 300mila posti di lavoro. Anche se negli ultimi due anni abbiamo recuperato 75mila posizioni occupazionali, è chiaro che la gente non percepisce ancora la ripresa. La politica avrebbe dovuto incentivare misure di sostegno alternative, come il reddito di cittadinanza».
Presidente, però la politica – quantomeno il rappresentante politico dei siciliani – negli ultimi cinque anni è stato lei.
«Ma infatti ho cercato di farlo. Abbiamo fatto la legge. Poi i fondi Cipe dovevano essere operativi dal novembre 2016 e ancora non ci sono stati liberati. Parliamo di misure intorno a 600milioni di euro che non abbiamo potuto rendere operative. Invece avremmo potuto utilizzarli per lanciare tante forme di sostegno al reddito. Probabilmente potrà farlo il nuovo presidente».
Proprio ieri pomeriggio è uscita la notizia di una impugnativa all’assestamento e al teso collegato alla Finanziaria da parte del ministero dell’Economia. Se lo aspettava?
«Non entro nel merito perché aspetto di leggere l’impugnativa, dipende da quel che viene contestato. Non esistono leggi perfette e non esistono leggi su cui Stato e Regione non possano andare in disaccordo. E poi voglio ricordare che non sempre sulle impugnative lo Stato ha avuto ragione».
Come sono i rapporti interni alla coalizione che sostiene Micari?
«Io nei rapporti interni sono stato molto leale, ho fatto anche quello che non poteva essere fatto. Ho ritirato la mia candidatura, ho ritirato le liste del Megafono quando è stato chiaro che i sindaci Orlando e Bianco non avevano fatto la lista dei territori e Micari rischiava di non avere una lista del presidente. Naturalmente questo è stato un fatto che ha contribuito non poco nella vicenda della mancata presentazione delle liste di Siracusa e Messina, ma sono convinto che recupereremo».
Qualche giorno fa lei ha rilasciato un’intervista in cui ricordava a Renzi gli accordi presi in cambio di quelle rinunce che ha appena elencato.
«Non ne vorrei parlare più. Sono delle cose che sono state dette. Ognuno di noi ha rispettato la parola data, sono convinto che lo farà anche lui».
La partita, al netto delle dichiarazioni di rito, è sempre più polarizzata su Cancelleri e Musumeci. Chi vede favorito tra i due?
«Io intanto ritengo che la partita su Micari non sia chiusa, anche perché Micari ha ancora ha tempo di farsi conoscere».
Sì, ma se dovesse indicare un nome favorito tra quei due?
«Credo che la questione delle liste degli impresentabili abbia fortemente danneggiato la candidatura di Musumeci. Poi non so chi ne trarrà maggior vantaggio tra Cancelleri e Micari. Anche cinque anni Musumeci era dato come favorito, ma i siciliani non sono sprovveduti. Credo ancora che possa vincere chi saprà fare della questione morale la sua battaglia più forte».
Cosa resta di questi cinque anni?
«Resta tanto. Intanto un bilancio in ordine, al netto dei richiami del ministero. Ereditavamo cinque miliardi di debito. Una impugnativa, al di là delle singole cose che può contestare, non mette in discussione i risultati ottenuti. E poi resta un Pil fortemente in ripresa, una crescita dell’occupazione, restano i fondi europei utilizzati e la programmazione avviata. Restano circa 1500 progetti esecutivi e già cantierabili».
E sotto il profilo umano, cosa resta invece?
«Umanamente rimangono i momenti di grande sofferenza che ho attraversato. Dal falso scoop sulla Borsellino al senso di solitudine, agli attacchi gratuiti subiti. Resta il ricordo di una politica che mi isolava mentre cercavo di mettere ordine nell’amministrazione. Senza quel rigore non avremmo salvato la Sicilia».
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