Ladro d’auto così esperto da essere figlio d’arte, avvezzo alle rapine, capace di imporre il pizzo ma soprattutto fedele alla causa. E dunque alla famiglia. I talenti di Girolamo Brancato sono tanti quanti i nomi con cui è conosciuto nel mondo della criminalità organizzata. Indicato di volta in volta come Nuccio, Luciano e Lucio, il 47enne nel pomeriggio di ieri si è ritrovato, di colpo, a essere il profilo più interessante tra quelli ritratti nelle oltre 400 pagine di ordinanza di custodia cautelare seguite all’indagine Report del Gico della guardia di finanza. Il motivo è presto detto: è lui che il deputato regionale di Italia Viva Luca Sammartino avrebbe cercato per chiedere un sostegno alle elezioni regionali 2017. Quelle in cui il rampante politico catanese, che secondo i bene informati potrebbe puntare a diventare governatore nel 2022, sbancò il tavolo con oltre 32mila preferenze.
Di Sammartino, nel provvedimento con cui la gip Maria Ivana Cardillo ha disposto 18 misure cautelari, non c’è traccia. Ma il suo nome compare nell’avviso di garanzia del 10 dicembre, in cui nero su bianco si specifica che l’accusa riguarda la compravendita dei voti. In cambio il deputato avrebbe promesso a Brancato un posto di lavoro nel settore dei rifiuti per il nipote e un favore alla moglie, consistito nella rimozione di una cabina telefonica dall’area antistante il locale gestito dalla donna.
Ma chi è l’uomo alla cui porta, secondo i magistrati della procura di Catania, avrebbe bussato una settimana prima del voto di tre anni fa? Già pregiudicato per mafia, Brancato è ritenuto dagli inquirenti il principale uomo di fiducia, insieme all’incensurato ma anche lui arrestato Rino Messina, di Orazio Scuto, boss nativo di Aci Catena, che sarebbe stato il referente dei Laudani in tutta l’area dell’Acese, anche nel periodo trascorso dietro le sbarre dopo l’arresto e la condanna in secondo grado nel processo Vicerè. Quell’operazione, nel 2016, sradicò tutti i vertici provinciali dei mussi di ficudinia, destabilizzandone l’organizzazione.
Effetti che lo stesso Brancato riconosceva parlando con la moglie. «Se questa famiglia è vuntuata (rispettata, ndr) è per quelli con l’ergastolo, non per loro», afferma l’uomo, ad aprile del 2018. Quando parla di loro, Brancato fa riferimento alle nuove leve dei Laudani che, approfittando anche del periodo di sbandamento seguito alla maxi-retata, avrebbero dimostrato di essere tutt’altro che affidabili. Pensando a farsi le crociere, anziché mantenere le famiglie dei detenuti. «Se ne fa una al giorno, quando torna subito un’altra. Con i nostri soldi», commenta parlando delle abitudini di un nipote di Santo Laudani, uno dei figli assassinati del patriarca del clan Sebastiano. Brancato, che non avrebbe mancato di mettere a conoscenza delle dinamiche interne alla cosca il figlio e la moglie, dimostra di essere ancorato a un’idea di criminalità tradizionale. «Ha stampato da qua a qua una pala di ficudinia. Ma che ci vuoi fare capire? Appena ti arrestano, ti voglio», riflette con la consorte.
Gli inquirenti lo accusano di avere avuto disponibilità di armi, essersi interessato al business della droga, di suggerire reazioni violente contro chi dimostrava di non mostrare sufficiente rispetto. Al contempo, Brancato avrebbe dimostrato doti da diplomatico in più di un’occasione, trovando posto a incontri con esponenti degli altri clan. In un caso – stando alla ricostruzione fatta dai pm e riportata dalla giudice – l’attenzione sarebbe stata rivolta al noto locale di ricevimenti Castello Astoria Park. Brancato e Messina sarebbero intervenuti per cercare di dirimere la controversia sorta tra i proprietari originari e i gestori, poi usati come prestanome a cui intestare fittiziamente l’immobile. Oltre ai Laudani, in quel caso, si sarebbero mossi – ognuno parteggiando per uno dei protagonisti – anche esponenti dei clan Mazzei e Cappello.
L’uomo che avrebbe assicurato a Sammartino sostegno politico si sarebbe mostrato a conoscenza di meccanismi per truffare le assicurazioni. A Messina, che gli chiedeva delucidazioni, il 47enne spiegava che era necessario individuare potenziali acquirenti di auto compiacenti, attendere il passaggio di proprietà, rubare l’auto, aspettare che l’assicurazione pagasse per poi far ritrovare la vettura. A quel punto il proprietario, tenendosi il denaro dell’assicurazione, avrebbe lasciato il mezzo al gruppo criminale che si sarebbe occupato di piazzarlo altrove. Alla peggio, secondo Brancato, l’acquirente poteva rischiare un’accusa per appropriazione indebita ma se si fosse messa in mezzo una società, anziché una persona fisica, tutto sarebbe stato ancora più conveniente.
Non solo acume, ma anche un carattere fumantino. L’uomo, che ieri pomeriggio ha attirato l’attenzione ancor più del boss Orazio Scuto, avrebbe mostrato anche di non andare giù per il sottile se il caso lo necessitava. Al titolare di un’impresa, accusato di avergli presentato un conto troppo salato per i lavori edili eseguiti nel proprio bar, Brancato aveva in mente di proporre un incontro. Una volta seduti, avrebbe preso una pistola e l’avrebbe posata sul tavolo. «Questa è la mia calcolatrice, tu devi fare i conti. Fammeli».
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