«Quello che stiamo vivendo oggi è il frutto di un processo lungo, che è iniziato con il disfacimento del centrodestra, è continuato con la vittoria di Crocetta e che oggi ha bisogno di un rinnovamento». Nel corso della direzione regionale del Pd, Fausto Raciti non pronuncia mai il nome di Pietro Grasso, eppure tutto il filo logico del suo ragionamento conduce lì, alla «concreta possibilità di costruire una coalizione più larga di quella fatta fin qui».
Il modello Palermo ha lasciato entusiasmo in casa Dem, dove con orgoglio si rivendica «il nostro ruolo per impedire un ritorno al passato». «Abbiamo preferito – ha sottolineato Raciti – vincere insieme, piuttosto che perdere separati. Un percorso che ci ha visti anche al fianco della sinistra palermitana, che ha messo in campo le sue forze per un progetto comune. Anche questo è un elemento di novità». Secondo Raciti, tutto questo lascerebbe intravedere «la possibilità di giocare una partita guardando al futuro, facendo del Pd magari non l’unico, ma uno dei protagonisti che possano consentire la realistica prospettiva di costruire futuro».
Da Beppe Lumia ad Antonello Cracolici, da Giovanni Bruno a Cleo Li Calzi, da Giuseppe Lupo a Baldo Gucciardi, passando per Antonio Rubino, Luca Sammartino, Alice Anselmo, Pippo Digiacomo, Tonino Russo. Gli unici assenti nel corso della relazione di Raciti, che esattamente come non ha mai pronunciato il nome di Grasso, non ha mai accennato al ricorso alle primarie nella scelta del candidato alla presidenza della Regione, sono – non a caso – Davide Faraone e Rosario Crocetta (ufficialmente fuori Palermo per una visita medica). Il sottosegretario, in realtà, si trovava a Trapani con Roberto Giacchetti per un’iniziativa a sostegno del candidato sindaco Piero Savona.
Un argomento, quello del caso Trapani, affrontato anche da Raciti: «Siamo tutti impegnati – ha detto – nel difficile obiettivo di raggiungere il doppio quorum, ma occorre sottolineare che a Trapani si sta verificando una situazione che rischia di essere un precedente pericolosissimo per la vita democratica, perché sancisce il principio che un candidato, che teme di perdere, conquista il potere di invalidare la competizione. Nelle sedi opportune sarà necessario invocare un intervento di carattere legislativo per correggere questa stortura».
In ogni caso, il tema resta Palermo, il ruolo del Pd e «la capacità di Orlando di interpretare il sentimento dei palermitani». Ma Raciti fissa dei paletti: «È d’obbligo ricordare anche che questa coalizione è stata possibile a partire dalla generosità del Partito democratico». Insomma, secondo il segretario dem, «il Pd è una forza generosa e le amministrative sono state il completamento di un tentativo fatto con il governo politico. Per dirne una, il tram di Palermo è stato uno dei temi della campagna elettorale, ma senza il governo regionale, Pistorio compreso, non so se sarebbe una realtà».
Eccolo lì: Pistorio, il pasticciaccio del caso Morace, lo strappo interno alla coalizione. «Non posso nascondere – ha ammesso Raciti – il grande dispiacere per il dibattito che si è aperto dal giorno dopo le amministrative attorno al governo regionale. L’utilizzo di intercettazioni che non hanno rilevanza penale può rappresentare un inquinamento del dibattito politico». Insomma, Raciti lo dice con chiarezza: «I Centristi e Alternativa Popolare non intendono compromettere il rapporto col Pd, che vedono come un interlocutore per il futuro. Il Partito democratico ha come sua missione quella di legare altre forze al suo progetto di cambiamento e i moderati – ha concluso – sono stati uno degli elementi per cambiare il futuro di questa terra».
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