«Bisogna andare a votare il 17 aprile e per noi bisogna votare sì perché vogliamo che gradualmente, quando scadranno i contratti delle compagnie petrolifere, vengano smontate le trivelle lasciando i nostri mari liberi non solo dalle piattaforme, ma anche da rischi ad esse collegate». È l’appello lanciato questa mattina dal presidente del consiglio regionale della Basilicata e delegato delle Regioni che hanno indetto il referendum contro le trivelle, Pietro Lacorazza, dalla Sala Rossa di Palazzo dei Normanni a Palermo. Aula che lo scorso settembre si espresse contro il referendum. Un incontro per illustrare le ragioni «per cui è importante andare a votare e esprimersi per il sì» al quale hanno preso parte il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, il vicepresidente vicario, Antonio Venturino, la presidente della commissione Ambiente, Mariella Maggio, la capogruppo del Movimento 5 Stelle, Angela Foti, e la deputata Margherita La Rocca Ruvolo.
A chi sostiene che andare a votare sia inutile, Lacorazza ha replicato che «se fosse così inutile, non ci sarebbe tutta questa paura del quorum. Invece c’è un sospetto – ha aggiunto -, che la paura del quorum in qualcuno sia più che concreta. Noi siamo persone delle istituzioni, persone di buonsenso, per questo proponiamo di dare una gradualità: l’Italia ha assunto degli impegni a Parigi, bisogna rivedere la strategia energetica nazionale. In questo momento l’unico atto ufficiale che c’è, è la strategia energetica del governo Monti che prevede in Italia il raddoppio di produzione di gas e di petrolio in mare e in terraferma. Nessuno ne parla, nessuno dice che bisogna cambiarla. Allora forse una valanga di sì può fare cambiare idea ai governi e al parlamento per dare una direzione migliore, per consegnare un mondo diverso da quello che abbiamo ereditato».
Sul tema della perdita dei posti di lavoro, argomentazione su cui insiste molto il fronte del no, Lacorazza ha una sua posizione chiara: «L’argomento dei lavoratori assume eccessivamente il carico della strumentalità, perché ogni posto di lavoro che si perde nel nostro Paese è un dramma. Il punto è che se noi continuiamo a stare in un settore che nei prossimi anni andrà ad esaurirsi, questi posti di lavoro si perderanno comunque. Oggi invece abbiamo il tempo e la gradualità di dismettere questi settori e riconvertire, creando addirittura nuove prospettive occupazionali».
In merito alla scelta del governo Renzi di dichiarare la propria astensione, il portavoce delle Regioni promotrici del referendum ironizza: «Ci ha dato una grande mano per l’esito. Perché se si raggiunge il quorum e vince il sì, il governo dovrà prenderne atto e cambiare immediatamente la strategia energetica nel nostro Paese, ma anche se non si dovesse raggiungere il quorum, il governo non potrà dire di avere vinto perché gli italiani non avranno votato. E quindi in quel caso, anche senza quorum, conteremo i milioni di sì». Insomma, «sarà un bel referendum» gli fa eco il presidente dell’Ars, Ardizzone. Il primo inquilino di Sala d’Ercole ha precisato di avere aderito all’iniziativa perché «indipendentemente dal quesito, ogni referedum ha una valenza politica» e nel caso di Ardizzone è l’aver visto nello Sblocca Italia «un’aggressione alle Regioni».
«Sulla vicenda trivellazioni – ha aggiunto – la Sicilia è doppiamente lesa: estraiamo prodotti petroliferi e versiamo alle casse dello Stato otto miliardi di accise. Il referendum è un modo per rimettere in discussione i rapporti finanziari tra Stato e Regione».
«La ratio non condivisibile – ha concluso la presidente della commissione Ambiente, Maggio – sta nel continuare ad estrarre carburanti fino ad esaurimento, senza che ciò comporti alcun beneficio, perché non rende l’Italia indipendente sul piano del fabbisogno energetico. Per questo sono per il sì al referendum, in una più o meno splendida solitudine rispetto ai miei compagni di partito»
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