Una fra le proposte più interessanti che circolano in questi giorni è, certamente, quella del cosiddetto ‘Reddito di cittadinanza’. Un assegno minimo, erogato da Stato o dalle Regioni, per garantire, a chi non ha lavoro o altri mezzi di sostentamento, di potere vivere un’esistenza libera e dignitosa. Una proposta che non abbiamo remore a definire, non solo giusta ma, addirittura e con la giusta enfasi, una conquista di civiltà. Una proposta che, anche se si scontra con le ristrettezze delle risorse causata da una crisi, e non solo, che mette in forse il nostro – spesso irrazionale – Stato sociale – dovremmo, in linea di principio, sostenere tutti auspicando che, piuttosto che proclama, si possa tradurre da idea a fatto.
Premesso, e confermato, sul piano ideale tutto questo, non ci si può impedire qualche riflessione, nel segno della responsabilità, lontana dalle seduzioni della demagogia. “Per fortuna che siamo italiani” , orgoglio ma, anche, sottolineatura , da Nord a Sud e senza distinzioni di sorta, di una diversità i cui riflessi pratici non sempre sono positivi. Nel senso che questa presunta specificità italiana, sbandierata per manifesta superiorità, ha aiutato, a concepire sistemi perversi di cui, nel breve periodo, hanno beneficiato tutti ma che, nel lungo periodo, si sono dimostrati un forte vincolo allo sviluppo fino a pregiudicare il futuro del Paese.
Il problema sta qui, nella preoccupazione che quella manifestazione – ripetiamo, di civiltà – possa, con la solita gestione irresponsabile, mutarsi in un perverso strumento di distruttivo assistenzialismo – e non sarebbe la prima volta che si verifica un fatto simile – che è poi l’ultima cosa di cui il nostro Paese e la nostra Regione hanno bisogno. E aggiungiamo ancora che, inoltre, esso potrebbe costituire un incentivo al disimpegno e un disincentivo nella ricerca e nella creazione di lavoro per cui, da strumento di dignità, si tradurrebbe proprio nel suo opposto.
Ed allora, bisogna o meno dar vita ad un simile provvedimento? La risposta non sappiamo darla, diciamo solo che chi si assumerà la responsabilità della decisione deve riflettere prima sugli strumenti da adottare per evitare questi guai.
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