Progetti di utilità collettiva. Si chiamano così i lavori, in ambito ambientale, culturale, sociale, artistico e della tutela dei beni comuni, che i beneficiari del reddito di cittadinanza, che hanno sottoscritto il patto per il lavoro o quello per l’inclusione sociale, sarebbero obbligati a svolgere nel Comune in cui risiedono. Pena la perdita del sussidio cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle. Presentati a inizio gennaio come «un’occasione di crescita per la collettività», nei fatti in Sicilia non sono ancora partiti. Colpa di un sistema che si è già ingolfato e in cui il reddito di cittadinanza rischia di trasformarsi sempre di più in un contributo a fondo perduto. Per monitorare la situazione dei Puc è stata allestita anche una apposita piattaforma sul sito del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. La Sicilia è la seconda Regione d’Italia per numero di beneficiari con un contributo medio di 574 euro. Tra le città primeggiano Palermo e Catania. E nel capoluogo etneo si registra l’aumento più consistente rispetto al 2019.
I progetti, la cui titolarità e monitoraggio spetta ai singoli Comuni, hanno una durata minima di otto ore settimanali – che possono essere estese fino a 16 – e dovrebbero essere svolti nell’arco di 18 mesi, ovvero la durata pari alla percezione del reddito di cittadinanza. Ogni progetto dovrebbe svolgersi per un periodo prestabilito con le amministrazioni che dovrebbero indicare il numero di persone da coinvolgere. Per sceglierle bisognerebbe attingere da apposite liste stilate dai Centri per l’impiego in collaborazione con i navigator, cioè quelle figure nate appositamente per guidare l’inserimento nel mondo del lavoro, anche attraverso colloqui, dei beneficiari del sussidio.
Le liste comunali delle persone da avviare ai progetti di utilità collettiva sarebbero pronte da fine luglio, come annunciato dall’assessore regionale alle Politiche sociali Antonio Scavone. Dopo cinque mesi, però, dei progetti non c’è quasi traccia. Unica eccezione tra i capoluoghi di provincia è il Comune di Catania. Nella città in cui c’è stato l’incremento maggiore di beneficiari del reddito rispetto al 2019, ci sono 24 progetti in elenco per 1118 persone da coinvolgere. Le attività sarebbero dovute partire tra inizio novembre e i primi giorni di dicembre ma, stando al portale del ministero, l’avvio è ancora fermo. Scorrendo la lista c’è il progetto Scuole-spazi esterni puliti, con 200 beneficiari da inserire, ma anche quello denominato Sanificazione spazi comuni. Quattrocento persone da impiegare per 16 ore spalmate in cinque giorni per «attività di igienizzazione di giochi e arredi urbani delle bambinopoli comunali».
I vari progetti di Palazzo degli elefanti, contrariamente a quanto previsto dal ministero, hanno vuota la casella in cui andrebbero indicati i costi. Tra questi c’è la fornitura di eventuali materiali da utilizzare durante il progetto ma anche la copertura assicurativa e il rimborso delle spese per pasti e trasporto pubblico. Soldi che dovrebbero arrivare dal fondo per la lotta alla povertà e dal programma operativo nazionale di inclusione. Sulle criticità che riguardano il Comune di Catania abbiamo chiesto, senza successo, la possibilità di ottenere dei chiarimenti dall’assessore ai Servizi sociali Giuseppe Lombardo.
A inizio novembre, il Comune di Palermo aveva annunciato l’approvazione in giunta di un atto di indirizzo politico per l’attivazione di Puc con 1700 beneficiari di reddito di cittadinanza coinvolti. Passati i giorni degli annunci, nella piattaforma di gestione però non c’è ancora nessun progetto inserito. Il copione è identico nelle altre città capoluogo di provincia. Il Comune di Caltanissetta, la scorsa settimana, ha annunciato l’inizio dei progetti di utilità per sei persone, promettendo di coinvolgerne 200 entro febbraio 2021. Nel database del ministero, però, l’elenco dei progetti è ancora vuoto. Per trovare dei Puc attivi all’interno del database bisogna spostarsi in realtà più piccole. A Gioiosa Marea, in provincia di Messina, sono partiti quattro progetti. Stesso quadro a Montagnareale, sempre nel Messinese, dove è stato avviato il Puc Cura del verde e tutela del patrimonio. In un contesto in cui si procede a passo di lumaca, il rischio più che concreto è che le liste estive risultano già vecchie o da aggiornare.
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