«Confindustria ha impedito le modifiche volute dal governo regionale sulle quattro grandi discariche siciliane. Che funzionano come sistema di arricchimento, ad appannaggio di politica ed imprenditoria». Nicolò Marino, assessore regionale all’Energia, non trattiene le sue pesanti critiche all’associazione degli industriali nel corso del convegno che l’Asaec, associazione antiestorsione etnea Libero Grassi, ha tenuto ieri all’università di Catania. Tenendo traccia del tema dell’incontro, le connessioni tra estorsioni e i reati ambientali operati dai grandi gruppi criminali, l’ex magistrato e componente della giunta di Rosario Crocetta dichiara: «E’ facile parlare di antimafia, noi stiamo cercando di farlo». Poco prima il giornalista Giovanni Tizian, moderatore dell’incontro, aveva ricordato come «‘Ndangheta, Cosa Nostra e clan dei casalesi oggi siano principalmente fornitori di servizi, offrendosi sul mercato per la gestione dei rifiuti con prezzi di mercato competitivi. Per un giro di affari da 6,6 miliardi l’anno», e che la Sicilia è la terza regione italiana per reati ambientali. Problema che, per Marino, deve essere affrontato con determinazione, anche a costo delle critiche.
Come quelle arrivate da Legambiente dopo la decisione di dichiarare lo stato d’emergenza sui rifiuti a Palermo, a causa del «monopolio della gestione delle discariche come Bellolampo e Siculiana», dichiara l’assessore regionale. Dopo un intervento tecnico del direttore sanitario dell’Asp 8 di Siracusa Anselmo Mededdu, che ha ricordato come «il più alto numero di tumori si registra nelle aree urbane di Catania e Palermo, prima che nelle aree di Augusta, Gela e Milazzo», il dibattito non va oltre a un generico riferimento alla criminalità organizzata parlando di temi ambientali.
La mafia, tuttavia, è «presente e radicata nel territorio, con attività non sempre facili da dimostrare», ricorda il sindaco di Catania Enzo Bianco. Mentre il Procuratore della Repubblica di Catania Giovanni Salvi cita «l’impegno in collaborazione con l’amministrazione comunale per l’abbattimento delle case abusive nell’Oasi del Simeto». Nella riserva naturale a Sud di Catania, sono attualmente «sessanta gli ordini di demolizione. Il costo maggiore di queste, però, è lo smaltimento dei materiali», spiega Salvi parlando della competitività delle aziende illegali nella gestione dei rifiuti. Contestato, in parte, da Renato De Pietro, presidente di Legambiente Catania. «Ci sono almeno 300 abitazioni abusive nell’Oasi, di proprietà comunale ma abitate come se nulla fosse. Perché non si fa nulla?», chiede l’ambientalista. «E’ sempre facile dire che non facciamo nulla», risponde il procuratore Salvi.
Lo stesso che, poco dopo, ascolta la denuncia di Giuseppe Rannisi, coordinatore Lipu per la provincia di Catania. «Il genio civile, con dei lavori eseguiti male senza una pianificazione, ha causato la desertificazione di una buona parte della riserva», denuncia Rannisi. «In Italia ci vogliono venti anni per eseguire un’opera, perché arriva sempre un oscuro gruppo di ambientalisti che vogliono proteggere gli uccelli, poi un’altro che protegge le erbette di campo. Siamo schiavi della burocrazia», commenta l’onorevole Andrea Vecchio. Ultimo intervento, quello di Danilo Pulvirenti, presidente regionale dell’associazione Rifiuti zero. All’assessore Marino ricorda: «Prima del problema delle discariche, dovremmo pensare a produrre meno rifiuti, Siamo gli ultimi in Italia per raccolta differenziata», dichiara Pulvirenti. «E’ vero, ma dobbiamo risolvere l’emergenza prendendo decisioni subito, non possiamo perdere tempo», risponde l’assessore Marino. Che conclude: «In Sicilia ci vuole tutto quello che serve per ridurre i rifiuti. Ricordo che a Copenaghen c’è un inceneritore nel centro cittadino»
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