«Vi prego venite sta morendo; correte lo ha ammazzato; ha perso tanto sangue sembra morto». È il contenuto delle telefonate al centralino della polizia. Sono circa le 12 del 14 agosto e le segnalazioni portano tutte in corso Mazzini, a Ragusa. Dove, scopriranno poi gli agenti, il pluripregiudicato Morgan Cutraro, quasi trentenne, originario di Vittoria, ha provato a uccidere un altro uomo, anche lui pregiudicato e sorvegliato speciale.
Ad arrivare per prima sul posto è un’ambulanza del 118. Gli operatori trovano un uomo per terra, davanti a una casa, in una pozza di sangue. La vittima tiene vicino al collo una maglietta, per fermare il sangue che veniva fuori copioso da una ferita. Una delle diverse coltellate ricevute al torace, alla spalla e al volto, tutte vaste e profonde. L’uomo viene trasportato in ospedale con un codice rosso.
Gli agenti, intanto, cercano di seguire le tracce di sangue che portano al primo piano della casa. Lì viene trovata l’arma del tentato omicidio – un taglierino – ma nessun assassino. Poche notizie arrivano anche dalla stessa vittima che risponde in maniera evasiva alle domande dei poliziotti. La pista seguita dagli investigatori diventa quindi quella di un regolamento di conti interno alla criminalità, di cui entrambi gli uomini fanno parte.
Comincia allora il controllo delle case vicine a quella del ferito. E, proprio di fronte, ad aprire la porta agli agenti è Morgan Cutraro: ancora sporco di sangue e ferito alla mano. L’uomo confessa, ma spiega di non essere stato intenzionato a uccidere. Eppure, spiega il primario dell’ospedale ragusano – tra i numerosi testimoni sentiti – sarebbero bastate ferite di poco più profonde per compromettere un organo vitale.
In ogni caso, resta poco chiaro il movente del tentato omicidio, forse problemi di vicinato. I due uomini avrebbero cominciato a litigare davanti casa. Quando i toni si sono fatti troppo accesi, decidono di entrare in casa della vittima. Cosa sia successo dentro, lo sanno solo loro due, che si sono dimostrati poco collaborativi con gli investigatori. Ai quali resta solo l’arma del delitto: una lama di taglierino con un manico artigianale fatto con del nastro adesivo. Segno – spiegano – che forse l’uomo non solo era intenzionato a uccidere, ma lo aveva anche premeditato.
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