Ha chiuso i battenti a dicembre 2013. E adesso anche le ultime frequenze, quelle storiche (95.6 e 106.8 in fm) sono state vendute. Di Radio Sis, una delle emittenti radiofoniche del gruppo editoriale che fa capo a Mario Ciancio Sanfilippo, a Catania è rimasto solo il ricordo. Alcune frequenze sono andate al network che comprende anche Radio Deejay (gruppo Espresso), mentre le ultime, quelle alle quali era abituato il pubblico etneo, sarebbero andate a Rtl, la radio lombarda diventata negli anni un colosso della radiofonia nazionale. «Quali siano i progetti per quelle frequenze non lo so», racconta Massimo Anastasio, uno degli speaker storici di Sis. «Quel che è certo – continua – è che la radio catanese e quella siciliana stanno attraversando un momento di staticità. Se non escono fuori le idee, è la fine».
La chiusura di Radio Sis il cui personale è stato licenziato ormai due anni fa, ha anticipato nel tempo l’aria di tempesta che si respira adesso a Telecolor e ad Antenna Sicilia. Le reti televisive più note della famiglia Ciancio. «Noi siamo arrivati un anno a fatturare quasi un milione di euro», continua Anastasio. Poi l’ufficio commerciale sarebbe stato spostato su altri progetti e anche Radio Sis avrebbe cominciato a risentire della crisi. «Tra chi andava in onda e chi invece stava fuori onda, eravamo otto persone. Chiudendo quel capitolo si è chiuso un pezzo di storia della radiofonia siciliana». Lui ha cominciato a lavorare nelle radio da professionista nel 1989, con Radio Sole. «Poi è arrivata Radio Studio Centrale, dal ’90 al ’98, e poi è toccato a Radio Sis, la conferma della carriera». Fino al 2013, appunto.
«Era una realtà straordinaria – ricorda Massimo Anastasio – Lì si cresceva tutti insieme. Abbiamo inventato cose nuovissime: facevamo Sis on the beach, portando la radio sulle spiagge dei catanesi. Una cosa che adesso fanno tutti, ma all’epoca era solo nostra. Abbiamo iniziato un percorso di appuntamenti dal vivo che ha dato un certo respiro anche al reparto commerciale: facevamo le trasmissioni dai negozi, era una bella cosa da poter offrire. Avevamo il contatto con gli ascoltatori, finalmente la gente poteva guardarci in faccia e dare un nome alle voci che facevano loro compagnia». Così come andavano forte le interviste «in una settimana. Erano sette, dieci minuti al giorno, in cui un artista parlava del suo nuovo lavoro. Presto le case discografiche hanno capito che si trattava di un’opportunità incredibile, così ci ritrovavamo ad avere parecchi spezzoni pronti. E a poter scegliere, per esempio, se una settimana mandare in onda Zucchero o Eros Ramazzotti. Abbiamo avuto i Litfiba, sono stato tra i primi in Italia a intervistare un gruppo che doveva diventare famoso e che erano i Lunapop».
Adesso che Radio Sis non c’è più e che pure le due frequenze del successo catanese sono andate a una radio nazionale, è il momento di fare bilanci. «I grandi network ci stanno insegnando come fare il mestiere. Ci stanno spiegando che sì, la radio in diffusione costa poco, ma la nostra storia sono gli speaker e sono le voci la vera forza su cui puntare – conclude Anastasio – Le radio stanno riscoprendo una nuova vita. Ma se qui non ci diamo una svegliata rischiamo che si fermi tutto. Non parliamo della crisi, perché quello è il modo più facile per nascondersi dietro un dito. È una questione di lungimiranza. Se non si producono i programmi, se chiunque può fare una trasmissione se porta uno sponsor è ovvio che il livello si abbassi. È il motivo per il quale quando dico che faccio radio la gente mi chiede se riesco a viverci. Perché è difficile spiegare che non è un hobby: è un lavoro. Un lavoro bellissimo, che mi ha dato tutto, ma è un lavoro e va trattato con rispetto».
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