«Quel corpo in fondo al mare è mio fratello, aiutatemi» La ricerca delle famiglie dopo il naufragio del 7 ottobre

Aspettano la verità. Qualsiasi essa sia. Dora, chiusa nel suo dolore, è convinta di aver riconosciuto il fratello da una felpa, attraverso le strazianti immagini del naufragio dello scorso 7 ottobre al largo di Lampedusa. Quei fotogrammi, che hanno fatto il giro del web e dei media nazionali ed internazionali, mostrano i corpi rimasti incagliati nel barchino che si è ribaltato a pochi metri dalla costa dell’isola siciliana e Dora li ha visionati centinaia di volte. 

«È lui, è mio fratello – dice – aiutateci a riportare il suo corpo a casa. Ha una moglie e una figlia che sono distrutte». Il fratello di Dora si chiama Lazher Chaieb, di 33 anni. Assieme a lui sull’imbarcazione dovevano esserci anche Rabia Ben Amour, di 26 anni, Talal Ben Mohammed di 22 e Fekhr Hmidi di 18, tutti tunisini ed originari di Sfax. Sono i primi nomi resi noti dei 50 partiti dalle coste della Tunisia. In 25 sono morti. La maggior parte di loro erano donne. Tra di loro anche una bambina di 12 anni e un bimbo di appena otto mesi, ritrovato ancora abbracciato a quella che dovrebbe essere la mamma. 

Dei quattro giovani tunisini si sono perse le tracce. Le famiglie sembrano rassegnate ma continuano a mantenere un barlume di speranza. Attraverso l’associazione Terre pour Tous e l’ambasciata, sono già partiti per l’italia i primi test del Dna effettuati per cercare di effettuare il riconoscimento. Rabia, Talal, Fekhr e Lazher al momento risultano dispersi, desaparecidos, come gli oltre 800 giovani tunisini che dalla rivoluzione dei gelsomini ad oggi hanno provato ad affrontare i viaggi della speranza verso l’Europa ma di cui ad oggi, non si hanno più notizie. Di questo di occupa Terre pour Tous, guidata da Imed Soltani, che affiancata dall’associazione Madri dei Dispersi, presieduta da Fatma Kessraoui, da anni chiede verità e giustizia per i desaparecidos tunisini ma non solo, per tutti i giovani che hanno perso la vita nel Mediterraneo. 

Dal 2013 a oggi, sono circa 19mila i migranti morti a causa delle politiche migratorie imposte dalla Fortezza Europa. «Non posso accettare – dice Imed Soltani – che queste sciagure avvengano dinnanzi agli occhi di tutti senza che nessuno faccia nulla. La nostra associazione si chiama “una Terra per tutti” – prosegue – ed è proprio così che dovrebbe essere poiché il pianeta appartiene a tutti. La vera causa di queste sciagure è il blocco delle frontiere. Non era così nel 1980 quando bastava prendere il traghetto o l’aereo per raggiungere l’Italia o gli altri Paesi europei senza morti o dispersi. Oggi invece, chiunque voglia partire alla ricerca di una vita migliore è costretto a salire su questi barconi della morte. Da anni chiediamo una revisione delle leggi sul blocco delle frontiere. Andare alla ricerca di un visto è un salto nel buoio, verrà sempre rigettato». Rispetto all’ultima tragedia spera che «i corpi siano rimpatriati in tempi brevissimi in modo che possano essere restituti alle proprie madri e affinchè possano avere una degna sepoltura e le famiglie una tomba su cui piangere». 

I tunisini, a differenza dei richiedenti asilo, sono considerati migranti economici. Dal 2011 la Tunisia ha firmato un accordo con l’Italia per il rimpatrio dei migranti. Ma spesso chi viene riportato indietro, ritenta la traversata. Perchè partono? Non ci sono guerre in Tunisia, sono le frasi ricorrenti sul web. Basta osservare il Paese per capire il perchè. Otto anni dopo la rivoluzione, che doveva essere l’inizio del cammino verso la democrazia, i gelsomini sono appassiti. Le ultime elezioni presidenziali, vinte da Kaïs Saïed, hanno evidenziato, visti i numeri dell’affluenza alle urne, la disaffezione dei tunisini verso la propria classe dirigente. Bocciati tutti quei partiti che avevano il compito di guidare la transizione verso la democrazia. La Tunisia dal 2011 ad oggi ha subito un tracollo socioeconomico. I prezzi sono saliti, i poveri sono sempre più poveri ed è salito anche il tasso di disoccupazione, soprattutto tra i giovani.

Pamela Giacomarro

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