Quando la tua famiglia sembra presa di mira dal Covid «Ho paura, ma rispetto ad altri mi sento un privilegiato»

Covid-19. Un nome che oggi, magari in modi diversi, fa paura un po’ a tutti. Paura di ammalarsi, paura di perdere qualcuno di caro, paura di essere annientato dalle conseguenze dell’isolamento e dello stop forzato. Paura di perdere qualcosa, insomma. Chi oggi non ha fatto i conti con questo pensiero? Lo sa bene Salvo Libero Barone, animalista di Palermo, la cui famiglia sembra essere stata quasi presa di mira dal virus, con tre casi positivi tra i suoi parenti più stretti. «La mia mamma, dopo la morte di mia nonna, vive/viaggia fra la Francia, da mia sorella, e qui da noi, in Sicilia – racconta -. Ha passato il Natale qui e i primi di gennaio è tornata in Francia. Dopo qualche giorno ha iniziato a soffrire di malesseri respiratori. Stando giorno dopo giorno sempre peggio. Era un momento in cui di Covid si iniziava a parlare, ma solo in Cina ed era un momento in cui qui si credeva che non potesse mai arrivare. Seguirà il momento in cui il virus, pur arrivando prepotentemente in Italia, in Francia e altrove, verrà ancora snobbato con tanto di puffi-sfottò a sfilare nelle piazze».

Intanto sua madre continua a stare male. Viene, quindi, ricoverata in ospedale, dove resta per tre settimane. «Solo dopo mesi scopriremo la causa e quanto avesse rischiato – dice -, i sintomi erano identici a quelli a quel punto ormai noti del Covid-19. Infatti, i medici francesi, nonostante mezzi, le competenze e i tantissimi ripetuti accertamenti, non hanno mai capito cosa fosse successo a mamma che, nonostante tutto e considerando il suo passato (due volte in coma diabetico), è riuscita a cavarsela tornando felicemente a casa». Esce dall’ospedale nel momento in cui nel mondo intero, ormai, il virus imperversa. Lasciando una spaventosa scia di morti sul suo cammino. Sembra, tuttavia, che salvo possa tirare un sospiro di sollievo. La sua mamma è finalmente rientrata a casa. Ma il destino è crudele. E dopo sua madre, tocca stare in pensiero per qualcun altro. «Il Covid inciampa anche su mia sorella e mio cognato, che fa il medico e a cui hanno fatto tampone immediato: positivi – racconta ancora -. Stanno benino, ma da ieri mamma avverte dei sintomi molti simili a quelli di qualche mese fa e due giorni fa ha passato tutto il giorno in ospedale. Siamo in attesa, anche se dovrebbe essere in dimissioni».

«Tenetevi cari i vostri affetti, perché se c’è un aspetto infimo di questa bestia è proprio quello di farli andare via da soli e coscienti. E chi ti ama può solo sperare o pregare impotente, senza riuscire a confortarli, vederli, abbracciarli o perfino salutarli per sempre». Una riflessione amara, la sua. Ma che vuole essere, in qualche modo, anche un monito positivo, un augurio a riflettere seriamente su quanto sta accadendo per imparare ad apprezzare quello che abbiamo. «Tutto questo mi ha ovviamente segnato, perché ho una famiglia in Francia che sta combattendo contro il virus. Ma  in tutta onestà mi sento fortunato nella misura in cui c’è chi ha ugualmente delle persone care positive al virus ma non può vederle né sentirle perché sono in un reparto di Rianimazione – riflette Salvo -. Io questo fino ad oggi, e mi auguro mai, non l’ho vissuto. Penso che questa possibilità sia la cosa più drammatica in assoluto. In confronto, malgrado sia stato colpito da questa situazione, mi sento davvero un privilegiato». 

«Questa cosa comunque cambierà tutti – continua -. Al sud, in particolare, dove siamo abituati ad abbracciarci e siamo riconosciuti come persone calorose che amano il contatto, penso che questi atteggiamenti e modi di fare verranno ridimensionati, non credo che torneremo subito al contatto di prima. All’inizio ci sarà un po’ di circospezione, com’è giusto che sia. La vita di certo deve riprendere, solo che non sappiamo come e quando accadrà. Credo che la paura possa aiutarci a rimanere coscienti e attenti, non usciamo in maniera spavalda, anche quando potremo di nuovo farlo». Ci sono, secondo lui, paradossalmente degli aspetti positivi che in qualche modo questo periodo di buio e di paura sta facendo venir fuori. Come il fatto che la natura sembra riprendersi poco alla volta quegli spazi lasciati sgombri dall’uomo costretto in isolamento dentro casa.  Dall’Himalaya che torna a visibile con le sue altissime cime grazie alla riduzioni dello smog, ai numerosi animali selvatici in giro per strade e sentieri solitamente invasi dalle persone. «Questo potrebbe essere uno di quegli aspetti su cui riflettere adesso, che di tempo ne abbiamo abbastanza, ma ancora di più dopo, quando ricominceremo a parlare di vita normale», suggerisce Salvo.

Dagli allevamenti intensivi alle industrie, lo smog, le auto e il traffico, per ora è tutto fermo e la natura è letteralmente tornata a respirare. «Abbiamo involontariamente dato una bella botta d’ossigeno all’intero pianeta, il problema però è che queste cose sembrano non riguardarci mai da vicino – riflette -. I ghiacciai che si sciolgono, le stagioni che spariscono, persino quel nemico invisibile che è il virus sembrano cose che non possono toccarci, cose che non ci riguardano mai da vicino». E invece il Covid, che il pianeta lo ha colpito in lungo e in largo indistintamente seminando morte, «ha stravolto proprio tutti perché ha dimostrato che può entrare nelle case di chiunque. E quello di fronte a cui ci mette ci riguarda, dal primo all’ultimo. Non c’è niente e soprattutto non c’è nessuno che sia scontato in questa vita – insiste Salvo -, riflettiamoci su questa cosa. Se non lo facciamo e torniamo alle nostre vite senza aver capito che occorre cambiare qualcosa, dall’apprezzare di più le persone della nostra vita al trattare meglio il mondo che calpestiamo, allora non avremo davvero tratto nulla di buono da questa parentesi buia e sarà un po’ come farlo vincere questo virus. Non lasciamo che succeda, finché è possibile cerchiamo di vivere nel migliore dei modi, che il tempo per piangere, poi, arriva sempre e arriva per tutti». 

Silvia Buffa

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