Nessun tornado e neanche un nubifragio. Ma non per questo un fenomeno su cui non sia necessario soffermarsi. Quanto accaduto ieri nel Catanese, dove la pioggia e il vento hanno causato danni in diversi punti del capoluogo, ha portato molti a ricorrere a termini impropri per descrivere un fenomeno che comunque è stato di portata non indifferente. «L’espressione tornado non descrive quello che è accaduto, in realtà si è trattato di quello che in inglese viene definito pluvial flooding, ovvero un fenomeno di allagamento derivante dagli elevati volumi di pioggia caduti – spiega a MeridioNews Daniele Ingemi, tecnico meteorologo Ampro, l’associazione meteo professionisti – Ma, in tal senso, va detto che non sono stati raggiunti neanche i 30 millimetri l’ora necessari per potere usare l’espressione nubifragio».
Stando ai dati raccolti dalla stazione meteo etnea del Sias, il servizio informativo agrometeorologico siciliano della Regione, localizzata nella zona industriale di Catania, sono stati 22 i millimetri accumulatisi nell’arco di un quarto d’ora, poi la pioggia ha quasi cessato del tutto senza raggiungere i canonici trenta nei sessanta minuti. In quel breve arco di tempo, però, la precipitazione è stata particolarmente forte con un’intensità instantanea anche di 122 millimetri l’ora. «All’origine dei danni c’è stato soprattutto il forte vento – continua l’esperto – A Fontanarossa sono stati raggiunti i 74 chilometri orari, ma in alcune stazioni amatoriali della città, come a Canalicchio, si sono toccati i 79. Sono velocità che tra le vie di una città possono anche aumentare per via del cosiddetto effetto Venturi». Per chi fosse alla ricerca di un nome per definire l’evento di ieri, bisogna nuovamente ricorrere agli anglicismi: downburst. «Letteralmente scoppio dall’alto al basso, parliamo di forti raffiche di vento che sono lineari, a differenza di un tornado che, invece, si manifesta come vortice – spiega Ingemi – Vengono generate durante il passaggio di un temporale, per la differenza di temperatura e pressione che si crea tra l’aria all’interno del fenomeno temporalesco e quelle circostanti. Complice anche la discesa dell’aria molto fredda che si trova nella parte superiore del cumulonembo».
Tecnicismi a parte, il tema che più interessa in questi casi è quello riguardante la possibilità di previsione di questi fenomeni. Ieri la Sicilia orientale aveva un livello d’allerta soltanto di colore giallo. «Le allerte della Regione si basano sulla previsione dei quantitativi di pioggia e da questo punto di vista possiamo dire che è stata corretta», fanno sapere dagli uffici palermitani. Ma è possibile segnalare per tempo l’arrivo di fenomeni così violenti quanto repentini? «Ancora oggi abbiamo difficoltà a prevederli nello spazio e nel tempo. Sappiamo un giorno prima che si verificheranno, ma non esattamente dove e l’ora – commenta il metereologo – Con una squadra di esperti si potrebbero avere previsioni abbastanza dettagliate quando il temporale si è già formato sul mare e, quindi, con un anticipo di qualche ora dal manifestarsi sulla terraferma».
Per Ingemi bisogna restare cauti nell’interpretare questi accadimenti come prove evidenti del cambiamento climatico in atto. «Parliamo di fenomeni che sono sempre accaduti, ma rispetto al passato indubbiamento si sta registrando un aumento di intensità e frequenze. Ciò significa che ogni singolo episodio non può essere imputato al cambiamento climatico, la maggiore ricorrenza ci dice che qualcosa sta avvenendo», conclude il metereologo.
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