Punta Priora, «quel rudere è abusivo e va demolito» Ma Regione lo dà in concessione a società balneare

L’assessorato regionale all’Ambiente e territorio ha assegnato in concessione a una società di servizi di balneazione – la Sea service management – un immobile a Punta Priola, l’ex casa Brucato all’Addaura. «Senza usare mezze misure – dichiara a MeridioNews l’assessore all’Ambiente del Comune di Palermo Giusto Catania – noi chiediamo che quella concessione venga revocata e che l’immobile venga abbattuto perché è abusivo». Le stesse richieste arrivano anche da una ventina di associazioni ambientaliste locali che, da tempo, si prendono cura dell’area e che ora si sono riunite, facendosi rappresentare dall’avvocato Carlo Pezzino Rao, e hanno inviato due diffide alla Regione e hanno già pronto anche un esposto da presentare alla procura. «Un luogo meraviglioso che noi vorremmo restituire alla collettività trasformandola in un giardino aperto tutto l’anno», spiega a questo giornale l’ambientalista di lungo corso Mimmo Lombardo parlando di un progetto che ha già ricevuto già l’ok del Consiglio comunale. 

Quello che potrebbe diventare uno stabilimento balneare o un locale a picco sul mare, al momento, è un rudere «che sorge in una Zona speciale di conservazione tra la riserva di monte Pellegrino e il mare – illustra l’attivista – su una piattaforma di scogliera cristallina da cui si vede a sinistra Mondello, a est Capo Zafferana e tutta la costa fino a Milazzo. In inverno, addirittura da lì si arriva a scorgere anche il cono dell’Etna». A costruire la struttura nel 1964 è stato un privato – il palermitano James Brucato (classe 1911) – che «ha occupato un’area di 90 metri quadri», si legge in un documento comunale nel 2019. Lo stesso in cui si fa riferimento a un nota dell’epoca della guardia di finanza in cui si segnala «la presenza di lottizzazioni abusive nella zona di Punta Priola, nell’ambito delle quali è compreso anche questo lotto». Alcune di quelle costruzioni sono già state demolite, altre sono in attesa di essere abbattute. 

In un documento con la relazione dopo un sopralluogo, dal servizio Ambiente del Comune scrivono all’assessorato Territorio e ambiente della Regione sottolineando che «per altro, l’edificazione è avvenuta nel 1964 non solo in carenza di licenza edilizia ma ancora prima del rilascio della concessione demaniale». Condizioni preliminari a qualsiasi tipo di costruzione in base al Prg (il piano regolatore generale) che, già dal 1942, disciplinava l’intero territorio comunale, compreso il demanio marittimo. Altra cosa che viene messa in evidenza è «la palese contraddizione tra l’uso per l’attività balneare elioterapica, dichiarata nella concessione demaniale marittima, e le caratteristiche dell’area concessa, che comprende un fabbricato e un terrazzo di pochi metri quadrati pertanto inidoneo all’espletamento di tale attività (se non limitata all’uso del solo concessionario)». 

Adesso, il Comune e le associazioni chiedono che quel rudere venga abbattuto. In effetti, nel 1975 era già arrivata un‘ordinanza di demolizione che riguardava l’ampliamento successivo di una parte dell’immobile «costruito senza l’autorizzazione della ripartizione Urbanistica». Nello stesso anno, però, l’ordinanza viene revocata. Otto anni dopo, nel 1983, è il comandante del compartimento marittimo di Palermo a ordinare di «demolire e ridurre in pristino un’area demaniale marittima di 210 metri quadri abusivamente occupati con manufatti asserviti a un immobile di 76 metri quadri». L’immobile resta, però, al suo posto e, l’anno dopo, viene acquisito tra le pertinenze demaniali marittime. Adesso, il Comune ha già dato parere negativo al rilascio della concessione alla società. E il dirigente del servizio Ambiente ha anche sottolineato che «considerato che il solaio del fabbricato è in gran parte crollato e che la restante parte risulta non recuperabile, ai fini dell’utilizzazione dell’immobile sono necessari interventi che eccedono quelli manutentivi. Per questo, è necessario effettuare la verifica di incidenza ambientale, in considerazione della presenza della Zona di conservazione speciale della Rete Natura 2000». 

Marta Silvestre

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