Punta Izzo, livelli di piombo e rame oltre i limiti Ma le analisi rimaste nel cassetto della Marina

Da settembre 2017 la Marina militare sa che ad Augusta, sul lembo di costa occupato da decenni da un vecchio poligono militare oggetto adesso di un piano di demolizione e di ricostruzione, ci sono livelli di piombo e di rame che superano i livelli consentiti dalla legge. Quella terra è inquinata da metalli pesanti. Le analisi però sono rimaste nel cassetto per un anno e mezzo, fino a quando gli attivisti che si battono per restituire alla collettività l’area e trasformarla in un parco naturale e letterario, hanno chiesto di accedere agli atti. Nelle carte ottenute in risposta sono emersi gli impietosi numeri: la relazione tecnica svolta dal Centro Tecnico Logistico Interforze Nbc della Difesa «ha accertato il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione relativamente al piombo (nei punti di campionamento D, E, F, M, N, O) e al rame (nel punto di campionamento M)». 

Sempre nella risposta agli attivisti, il comando MariSicilia si impegna a darne comunicazione agli enti competenti sul territorio (Prefettura, Provincia, Comune e Regione) e a presentare un piano di caratterizzazione, cioè lo strumento necessario alle bonifiche. Solo che, stando alla normativa richiamata dal coordinamento di associazioni Punta Izzo Possibile, la Marina avrebbe dovuto pensarci ben prima. E cioè entro 30 giorni dal momento in cui è venuta in possesso della relazione che accertava l’inquinamento. Così gli attivisti da un lato hanno presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Siracusa e dall’altro hanno informato la Prefettura. 

Così il 13 marzo sul tavolo del comando MariSicilia è arrivata una lettera del prefetto Luigi Pizzi in cui viene chiesto conto del piano di caratterizzazione che non c’è. Documento inviato pure alle altre autorità competenti (Ispra, Regione, Comune, capitaneria di porto, Libero consorzio, Soprintendenza, Asp e Arpa). «Abbiamo ricevuto da poco la documentazione – conferma il direttore dell’Arpa di Siracusa, Antonio Sansone Santamaria – per quanto riguarda la zona a terra non è di nostra competenza ma della stessa Marina. Se ci chiederano un contributo per il piano di caratterizzazione lo daremo. Dobbiamo però valutare i profili di competenza sull’area marina, insieme alla Capitaneria e al Demanio».

Già, perché dopo decenni in cui il poligono di tiro è stato usato per le esercitazioni militari e per fini bellici già a partire dall’inizio del ‘900, sparando i proiettili da terra verso il mare, i livelli di contaminazione vanno verificati anche nello splendido specchio d’acqua di fronte al poligono. Intanto il coordinamento Punta Izzo Possibile chiede chiarimenti anche sui livelli di uranio. Nella relazione tecnica già svolta si parla infatti solo della «presenza di uranio di tipo naturale». Ma, denunciano gli attivisti, «non si fa riferimento né alla metodologia utilizzata per misurarne la presenza, né viene riportato il dato del livello di concentrazione». 

A Punta Izzo la battaglia per la smilitarizzazione va avanti ormai da oltre tre anni. Più recentemente è emerso il progetto della Marina di costruire un nuovo poligono, su cui la Procura di Siracusa ha aperto un’indagine su sollecitazione degli attivisti. Secondo la Marina, l’area oggetto di intervento non è sottoposta ad alcun «vincolo di natura ambientale e paesaggistica». E il progetto ha ottenuto il via libera della Soprintendenza ai Beni culturali (decisione su cui pende un ricorso al Tar). All’opposto gli attivisti elencano i motivi per cui l’area del poligono, trovandosi entro i 300 metri dalla costa, rientra tra i beni paesaggistici tutelati dal Codice del paesaggio e soggetti a vincolo di inedificabilità assoluta. Inoltre il nuovo poligono è diverso per estensione e volume rispetto a quello attuale. A dirlo è una recente perizia della polizia municipale, incaricata dalla Procura. 

Salvo Catalano

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