L’imprenditore Melchiorre Fidelbo, marito della già senatrice e ministra Anna Finocchiaro, e l’ex direttore dell’Asp di Catania Giuseppe Calaciura sono stati assolti in appello – «perché il fatto non sussiste» – dall’accusa di abuso d’ufficio nel processo che riguarda l’appalto per l’informatizzazione del Pta (presidio territoriale di assistenza) di Giarre. La sentenza di secondo grado è stata emessa oggi dal collegio giudicante della seconda sezione penale presieduto da Antonino Fallone, mentre l’accusa era rappresentata dalla procuratrice generale Iole Boscarino. In primo grado i due erano stati assolti dall’accusa di truffa e condannati a nove mesi, con pena sospesa, per abuso d’ufficio. L’indagine aveva coinvolto inizialmente anche altre figure pubbliche, come Antonio Scavone, nel ruolo – che ricopriva all’epoca dei fatti – di dirigente dell’azienda sanitaria etnea. L’ex senatore autonomista e l’ex manager Giovanni Puglisi uscirono poi dal processo dopo l’assoluzione in primo grado da entrambe le contestazioni dei pm (anche qui: truffa e abuso d’ufficio). L’inchiesta aveva sollevato un vespaio di polemiche. Inesorabilmente, anche per la presenza tra gli imputati del marito di una personalità politica di primo piano come Anna Finocchiaro.
La vicenda prende le mosse nel 2010, quando l’Asp di Catania e l’azienda Solsamb srl, amministrata da Merchiorre Fidelbo, firmano una convenzione per assegnare a quest’ultima l’appalto da 170mila euro per la riqualificazione informatica del Pta di Giarre. Le contestazioni della procura erano incentrate soprattutto sul fatto che i lavori fossero stati assegnati con affidamento diretto, anziché con un bando di gare ad evidenza pubblica, e in violazione del divieto di affidare consulenze esterne. Secondo questa tesi, ci sarebbe stato un accordo preventivo ai livelli dirigenziali dei due soggetti (ovvero Fidelbo da una parte, Calaciura e Scavone dall’altro), poi consumato materialmente con la firma della convenzione. Che, per altro, venne poi revocata dall’Asp. Una scelta che produsse un contenzioso con Solsamb che non si è tuttora risolto.
«Le assoluzioni giunte nel primo grado del processo – dice a MeridioNews il legale di Calaciura Carmelo Galati – avevano già, almeno in parte, destrutturato il quadro d’insieme del processo. Non era credibile – prosegue Galati – che i soli Fidelbo, nel presunto ruolo di istigatore, e Calaciura avessero stretto un accordo per favorire Solsamb». Un secondo aspetto riconosciuto dal giudice, secondo Galati, riguarda le modalità di finanziamento dell’appalto. In altre parole: la prima fase della collaborazione tra Solsamb e l’azienda sanitaria era stata avviata con fondi provenienti dal progetto Casa della salute. Che poi però divenne per l’appunto progetto Pta.
Sebbene, secondo la sentenza, l’Asp avrebbe dovuto riconsiderare tutto dal principio, anziché procedere come se tra i due progetti (e le due linee di finanziamento) ci fosse una linea di continuità, la responsabilità non sarebbe comunque degli imputati. Perché nessuno, dall’assessorato regionale alla Salute, fece notare che il procedimento era sbagliato nelle forme. «L’accusa di non aver proceduto a un bando di gara – spiega Galati – era proprio condizionata all’esigenza di far ripartire l’iter del progetto da zero». A difendere Melchiorre Fidelbo nel processo d’appello, invece, è stato l’avvocato Piero Granata.
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