Province, un’abolizione che tradisce l’art. 15 dello Statuto?

All’insegna della confusione Sala d’Ercole dovrebbe avviare oggi il dibattito sull’abolizione delle Province. L’incertezza è tanta. Sulla carta, la maggioranza di centrosinistra (Pd, Udc e Megafono del presidente Crocetta) e 15 parlamentari grillini dovrebbero approvare la riforma entro oggi. Non a caso si parla di un maxiemendamento – non esattamente democratico – che la maggioranza si accingerebbe a presentare in Aula per eludere la discussione sugli oltre 200 emendamenti delle opposizioni.

Di fatto, non si annuncia una legge frutto di un dibattito approfondito, ma una legge di stampo ‘sovietico’. Una sorta di ‘sintesi incestuosa’ tra il ‘fondamentalismo’ tipico di quella che un tempo era la sinistra democristiana (il riferimento è alla Margherita confluita nel Pd) e l’impostazione ‘stalinista’ dell’ex Pci. Con il Movimento 5 Stelle che s’illude di approvare una legge Autonomista.

L’unica cosa che si comincia a capire con una certa chiarezza è che la legge che Sala d’Ercole si accinge ad approvare oggi non ha nulla a che vedere con l’articolo 15 dello Statuto autonomistico siciliano. Stando ai testi letti nei giorni scorsi e alle dichiarazioni rilasciate dai vari esponenti di centrosinistra, non c’è alcuna voglia di applicare uno degli articoli più chiari dello Statuto.

Già l’idea stessa di “approvare una legge per istituire i liberi Consorzi di Comuni”, rispetto alle previsioni dello Statuto, è una bestemmia autonomista in piena regola. L’articolo 15 dello Statuto, infatti, non delega a nessuno – tanto meno all’Ars – di istituire i liberi Consorzi di Comuni. Al contrario, dovrebbero essere i Comuni a costituire – liberamente – i Consorzi. Poi, semmai, Sala d’Ercole dovrebbe intervenire con una legge prendendo atto della volontà dei Comuni.

Anche le previsioni del numero di abitanti, che le legge intende introdurre, rispetto alle previsioni statutarie, non stanno né in cielo, né in terra. Scrivere in una legge regionale che un Consorzio di Comuni debba avere almeno 200 mila, 300 mila o 400 mila abitanti è sbagliato. Per almeno due motivi.

In primo luogo, perché l’articolo 15 dello Statuto non lo prevede e l’Ars non dovrebbe votare, per squallidi interessi di bottega, una legge che travolge lo Statuto. In secondo luogo, perché l’80 per cento e forse più di siciliani vive nelle aree costiere. Una legge che imporrebbe, ad esempio, un minimo di 200 mila abitanti penalizzerebbe le aree interne dell’Isola, già penalizzate da 60 anni, che non avrebbero la possibilità di dare vita a Consorzi di Comuni per valorizzare i propri territori.

La verità è che, al pari della Costituzione italiana che è perfetta e che è stata solo peggiorata (si pensi alle modifiche del Titolo V o, peggio, all’introduzione del pareggio di bilancio voluto in ‘onore’ dello spirito di Bilderberg e della finanza internazionale), anche lo Statuto siciliano è perfetto e può essere peggiorato solo da una classe politica arruffona e a caccia di nuove clientele.

Un’altra cosa che a noi pare certa è il commissariamento delle sei Province siciliane amministrate ancora da organi elettivi (le altre amministrazioni provinciali – Trapani, Ragusa e Caltanisetta – sono già commissariate). Insomma, alla scadenza naturale del mandato avremo nove amministrazioni provinciali commissariate. Con una rigorosa spartizione dei commissari tra Pd, Udc e Megafono (tre commissari a testa il ‘bottino’ di tutta questa sceneggiata).

Quello che succederà poi non l’abbiamo ancora capito. Ma lo possiamo immaginare. Applicando lo Statuto, il personale di questi Enti dovrebbe essere trasferito ai Comuni e alla Regione. L’Ente intermedio che dovrebbe risultare dalla nascita dei Consorzi di Comuni non dovrebbe avere personale: dovrebbe essere una struttura leggera.

Stando a quello che abbiamo capito, l’obiettivo è quello di liberarsi degli organi elettivi, risparmiando una ventina di milioni di euro. Che potrebbero diventare 50 milioni di euro di risparmio eliminando altri ‘ammennicoli’ (cosa che non avverrà).

Resterebbero in piedi, invece, le strutture amministrative. Che dovrebbero essere sciolte e riorganizzate (non abbiamo capito come) all’atto della nascita degli improbabili Consorzi di Comuni.

La nostra sensazione è che quest’abolizione delle Province serva solo a risparmiare ‘sti 20 milioni e a tirare a campare con i commissari per chissà quanti anni. Forse potrebbe essere questo l’accordo – non esattamente istituzionale – con il commissario dello Stato per la Regione siciliana che, da buon Prefetto della Repubblica, difende le Prefetture.

Perché, alla fine, l’articolo 15 dello Statuto è stato voluto dai padri dello Statuto per abolire le Prefetture: che è, esattamente, quello che il Governo regionale e l’Ars non hanno alcuna intenzione di fare. Insomma, oggi assisteremo in diretta non all’applicazione dell’articolo 15 dello Statuto, ma al suo ennesimo tradimento dell’Autonomia.

Certo, tutto può succedere. Anche che le opposizioni di centrodestra, contrarie a questa riforma (non in nome dell’articolo 15, ma perché vogliono tenere in piedi le Province), richiamino nuovo adpti nel segreto dell’urna. Vedremo.

 

 

Redazione

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