Province siciliane tra luci (poche) e ombre (tante)

Se c’è una cosa che al presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, non manca è il coraggio. Piaccia o no, ma pur trovandosi in un momento difficilissimo – dall’evoluzione politica romana, dopo la straordinaria vittoria di Beppe Grillo alle elezioni politiche, fino alla crisi finanziaria – il suo Governo, a differenza di tanti altri Governi della Regione, si sta qualificando, in positivo, come un esecutivo riformista. Non sappiamo che effetti sortiranno le riforma annunciate dal governatore, ma sappiamo che per ritrovare un dibattito sulle riforme regionali così intenso e ricco dobbiamo tornare indietro nel tempo, agli anni di Piersanti Mattarella e dei primi Governi di Rino Nicolosi.

La sfida sulle Province, come abbiamo già scritto in altri articoli, è importante non soltanto per la valenza politica ed economica, ma anche per il valore simbolico che assume in un momento in cui, in tante aree dell’Europa che proprio tanto unita non è, comincia a soffiare il vento dell’Autonomia. (a destra, foto tratta da guidasicilia.it)

Le Province, in Sicilia, anche dopo la riforma del 1986 – riforma che, con la legge regionale n. 9, aveva creato tante speranze – sono state un disastro. Ieri abbiamo ricordato il fallimento, pressoché totale, della pianificazione urbanistica. L’incontrollata esplosione del cemento attorno a Catania – un’urbanizzazione selvaggia che ha sommerso, inglobandoli, tanti piccoli centri, privandolo di identità – è, forse, una delle espressioni patologiche ancora oggi visibile.

Gli esempi di fallimento delle Province siciliane potrebbero continuare. Che dire, ad esempio, della Provincia di Siracusa che ha accompagnato – in modo non meno patologico di Catania – la distruzione di una grande area pianeggiante a vocazione turistica, mai opponendosi ma, anzi, assecondando un’industrializzazione demenziale e altamente inquinante, da Priolo a Melilli, fino alle raffinerie di Augusta?

Di fallimento in fallimento non va dimenticato un ente di ombre e luci: la Provincia di Agrigento. Un’amministrazione provinciale lungimirante, in tanti anni, avrebbe potuto lavorare alla valorizzazione dei beni culturali, partendo dalla Valle dei Templi. Allargando lo spettro ad altri centri costieri e con le aree interne.

Contrariamente alle parole a vanvera pronunciate da certi professionisti delle strumentalizzazioni politiche, la Valle dei Templi di Agrigento è uno dei beni culturali e ambientali meglio tenuti d’Italia. Gli strumenti di tutela messi a punto dopo la frana del 1966 hanno bloccato quasi tutte le possibili speculazioni. I pochi ruderi presenti risalgono ai primi anni ’60. A parte qualche hotel – peraltro bellissimo – la Valle dei Templi è integra.

Ad Agrigento è sempre mancata la viabilità. Su questo fronte la Provincia ha fatto poco. Non è stata una questione di soldi, perché gli strumenti finanziari c’erano nel passato e ci sono oggi. E’ mancata la volontà politica. Sotto questo profilo, va dato atto all’attuale presidente della Provincia di Agrigento, Eugenio D’Orsi, di esseri battuto per la realizzazione dell’aeroporto.

La sua battaglia politica non ha avuto fortuna. Ma è stata corretta.

Il decollo turistico di Agrigento e della sua Provincia passa da un moderno sistema di trasporti. Sotto questo profilo, l’unica notizia positiva degli ultimi quarant’anni, nella Città dei Templi e dintorni, è la strada Caltanissetta-Agrigento. Il resto è un totale delirio. La Castelvetrano-Agrigento – che passa da Sciacca – è bloccata da un crollo verificatosi all’altezza del fiume Verdura. Strada di per sé problematica, se è vero che a Siculiana, proseguendo verso Porto Empedocle e Agrigento, la strada si restringe per immettersi, di fatto nell’avventuroso rifacimento della vecchia trazzera.

Per non parlare, poi, delle strade a scorrimento veloce Palermo-Agrigento e Palermo-Sciacca, che sembrano fatte apposta per ‘facilitare’ gli incidenti.

A nostra memoria, ad Agrigento, salviamo solo una parte della presidenza della Provincia di D’Orsi: l’unico che ha provato a sbloccare la costruzione di un piccolo aeroporto che, alla faccia dei venduti e degli ‘ascari’ che si oppongono porterebbe da queste parti un sacco di turisti. Creando i presupposti per incrementare l’unica industria di cui questa provincia ha bisogno: quella turistica.

L’altra parte dell’amministrazione D’Orsi va invece ‘bocciata’ senza pietà, visto cyhe non ha fatto nulla per ostacolare la follia del rigassificatore a Porto Empedocle. Il presidente della Provincia avrebbe dovuto opporsi. Non l’ha fatto perché l’operazione rigassificatore (con ‘annessi & connessi), dall’Udc si è allargata all’Mpa di Raffaele Lombardo: Partito del quale D’Orsi faceva parte. Tanto è bastato per ridurlo al silenzio. Peccato.

La mancata realizzazione dell’aeroporto di Agrigento ci introduce a una delle poche Province siciliane che, invece, ha in parte funzionato: Trapani. In questa provincia l’aeroporto civile di Birgi ha fatto incrementare in modo considerevole le presenze turistiche. Un successo che va ascritto all’ex presidente di questo ente, Giulia Adamo, oggi Sindaco di Marsala. Sua anche la funizia Trapani-Erice. E tante altre cose fatte dalla vulcanica ex presidente. Da quando è andata via lei, il declino. (a destra, un’immagine dell’aeroporto di Birgi tratta da marsala.it)

Un’altra Provincia che ha funzionato è quella di Ragusa. Ma in questa zona della Sicilia ‘funziona’ la gente e, di conseguenza, le amministrazioni pubbliche, pur non navigando nell’oro, sono di solito efficienti.

Ci chiederete: e la Provincia di Palermo? Fateci una domanda di riserva…

 

 

Redazione

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