Protezione civile, oltre 40 Comuni senza piano A Palermo c’è, ma restano troppi interrogativi

«Il piano andava rivisitato per acquisire una maggiore tempestività nei tempi di reazione a far fronte agli eventi calamitosi». Parlava così il responsabile della Protezione civile di Palermo, Francesco Mereu quando a fine 2016 Palazzo delle Aquile ha finalmente approvato il nuovo piano, aggiornando il vecchio che risaliva al 2001. Certo, un piano che aveva molte riserve, una su tutte i punti di raccolta: complesso sarebbe stato infatti spiegare alle persone che in caso di terremoto – per dirne una – avrebbero dovuto rifugiarsi all’interno di spazi grandi come il Velodromo o i vari palazzetti dello sport e il rischio di rimanere isolati a Est, visto che ponte Oreto e soprattutto ponte Corleone non offrono tutte queste garanzie. Le strutture, comunque, sarebbero state messe in sicurezza quanto prima e oggi nella classifica stilata dal dipartimento di protezione civile siciliano, alla luce del monitoraggio dei piani comunali di protezione civile, che distingue i Comuni in quattro categorie: i più sicuri, quelli comunque sicuri, nonostante un piano di protezione civile non proprio recentissimo, quelli in cui c’è un certo rischio – contrassegnati dal colore giallo – e quelli a rischio, contrassegnati dal colore rosso; il capoluogo di Regione figura tra i primi. Anche se in due anni i lavori alle strutture prima indicate non sono andati granché avanti.

Tra i Comuni in fascia gialla si trovano anche grandi centri della provincia, tra cui Cefalù (Piano aggiornato al 2010 e mancanza di un piano per rischio amianto), Partinico e Gangi, entrambi con i piani di protezione civile fermi al 2001. Ma la parte più impressionante del documento è quella relativa ai centri del Palermitano in zona rossa: Alia, Altofonte, Bagheria, Belmonte Mezzagno, Blufi, Bolognetta, Campobello di Fitalia, Castelbuono, Casteldaccia, Castronovo di Sicilia, Cefalà Diana, Cerda, Chiusa Sclafani, Ciminna, Cinisi, Contessa Entellina, Corleone, Giuliana, Gratteri, Isnello, Isola delle Femmine, Palazzo Adriano, Petralia Soprana, Roccamena, Roccapalumba, San Cipirello, San Giuseppe Jato, San Mauro Castelverde, Santa Cristina Gela, Santa Flavia, Scillato, Terrasini, Torretta, Trappeto, Valledolmo, Ventimiglia di Sicilia, Vicari.

Tra questi nessuno ha approvato un piano di protezione civile. Ventimiglia di Sicilia ha un piano per le emergenze idrogeologiche e uno per il rischio industriale. Chiusa Sclafani ha un piano di protezione civile nel cassetto dal 2016, di cui manca delibera di approvazione. Infine Cinisi, Santa Flavia, Roccapalumba, Petralia Sottana e Valledolmo hanno un piano per fronteggiare l’emergenza amianto. Niente di più. Stupisce tra l’altro, vedere come Comuni storicamente molto attivi sul piano della protezione civile, tra cui lo stesso Valledolmo, sede anche di esercitazioni nazionali, non abbia avuto modo di fare approvare un proprio piano comunale. Piano che manca anche in cinque dei Comuni ritenuti relativamente sicuri – fascia gialla -: Altavilla Milicia, Borgetto, Caccamo, Caltavuturo e Camporeale.

Gabriele Ruggieri

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