Processo Tutino, in aula udienza show del chirurgo «Sono passato come un orco, il male della sanità»

«Bastava approfondire la legislazione italiana e oggi non ci saremmo trovati qua». È agguerrito Matteo Tutino, l’ex primario di Villa Sofia oggi alla sbarra dei testimoni per rendere una dichiarazione spontanea. Una dichiarazione-fiume il cui ritmo è dettato più dall’animosità del chirurgo che dal foglio in cui ha appuntato il suo discorso. «Dopo quattro anni d’inferno oggi è la prima volta che posso parlare, è incredibile tutto quello che ho passato – dice rivolgendosi alla corte – Sono rimasto inorridito da alcune testimonianze rese in aula e da alcuni grossolani errori». Ma dopo i momenti iniziali, l’enfasi ancora non cala e la presidente Vincenzina Massa più volte lo riprende: «Dottore limiti opinioni e teatralità. In questa sede può difendere se stesso ma non accusare gli altri, per quello si affiderà al suo difensore».

Ma quella di oggi alla terza sezione penale del tribunale è un’udienza-show, e il protagonista è solo lui: paonazzo, accorato, ma sempre lucido e presente a se stesso. Non misura l’atteggiamento, a volte valicando i limiti del consentito con considerazioni forti e personali, ma vuole sfruttare la prima occasione che gli viene concessa per spiegarsi. E lo fa con contestazioni, spiegazioni e ricostruzioni dettagliate, paziente dopo paziente, testimone dopo testimone, caso per caso. Producendo anche oltre 20 allegati documentali a sostegno delle sue tesi. Documenti, i più, già parte degli atti del processo. «Li voglio depositare perché non vorrei che nelle 7mila pagine di incartamento certe cose passassero inosservate. Per evitare anche che le leggiate tutte e 7mila, ecco», chiarisce Tutino. Ma a prendere ancora una volta la parola è la presidente Massa: «Noi le leggiamo tutte, stia sereno».

L’aria è tesa, ma in aula regna il silenzio, tutta l’attenzione è per quello show tanto atteso. «L’estetica in ospedale si può fare – continua – e non perché lo dice l’orco Tutino, ma la legge. Non lo dico io, lo dice la legge!», tuona dal banco dei testimoni, aggrappandosi a quello che sarà il leitmotiv di tutta la sua dichiarazione. Ma non c’è solo lo show. Il suo intervento in realtà è pieno di contenuti. Spiega di essere stato un dirigente medico con contratto non esclusivo con la struttura medica pubblica, che gli permetteva quindi di ricevere e visitare i pazienti anche nel proprio studio privato in via Sammartino. «È discrezione del medico decidere se operare in ospedale o in clinica privata – dice – Se un paziente ha una patologia concomitante con un desiderio estetico, io posso operarlo, la legge lo consente. Dei pazienti che non sono passati dal mio studio nessuno ha pagato nulla». «Se al mio studio viene un poveretto, io non lo faccio pagare. Ho fatto molti sconti. E a tutti i pazienti ho sempre palesato il loro diritto di farsi seguire gratis da una struttura pubblica, ma è il paziente che decide», spiega ancora Tutino.

Ma poco dopo a smentirlo è un giovane ex paziente che gli dà il cambio al banco dei testimoni. Il ragazzo è stato sottoposto nel 2013 a un intervento di rinoplastica: «Avevo una gibbosità che mi causava problemi respiratori – racconta – La visita del dottor Tutino nel suo studio ha confermato che effettivamente c’era una deviazione del setto nasale». Viene quindi fissato l’intervento. Il medico, però, suggerisce al giovane un’ulteriore operazione per riempire zigomi e mascelle, ma il ragazzo non si lascia convincere. Viene stabilito in un primo tempo di eseguire la rinoplastica presso il Centro Ippocrate al costo di 3.800 euro. «Ci furono dei problemi col Centro e il dottor Tutino andò anche in ferie – continua il ragazzo -. Quando mi ricontattò, mi propose di farmi operare a Villa Sofia».

Intervento che avviene senza prenotazione e senza passare dal Cup. Durante i successivi controlli post-operatori, avvenuti uno in ospedale e tre nello studio privato di Tutino per sua espressa richiesta, il paziente versa in tre tranche una somma totale di tremila euro. «È stato il dottore a dirmi che dovevo fare così: tre assegni da mille euro ciascuno, cioè la cifra che avevamo concordato inizialmente per l’intervento meno 800 euro, mi disse che non dovevo pagare l’anestesia e la sala operatoria. Sconto che avvenne a operazione eseguita». Nelle ricevute rilasciate dallo studio del medico risulta che le somme versate erano per le visite post-operatorie: «All’epoca non ho fatto caso alla dicitura della causale nelle ricevute relative ai miei assegni – spiega ancora l’ex paziente – Io ho versato quanto avevamo pattuito prima dell’operazione».

Silvia Buffa

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