Salvini ancora non c’è e a testimoniarlo è il clima. Alla Nuova Dogana – il locale che si trova all’interno del porto di Catania e che, quantomeno per il nome, sembra fare pendant con il sussulto sovranista del Carroccio – l’attesa del leader leghista viene vissuta con poca fibrillazione. Salvini sbarcherà oggi in Sicilia, in tempo per un’intervista con Maria Giovanna Maglie e alla vigilia dell’inizio dell’udienza preliminare del processo per i fatti della nave Gregoretti. L’imbarcazione della guardia costiera dove, secondo l’accusa, si è consumato un sequestro di persona da parte dell’allora ministro degli Interni.
In programma ieri c’era il debutto della tre giorni con cui il Carroccio ha deciso di sfidare chiunque si azzardi a dire che la Lega è capace soltanto di parlare alla pancia del Paese. Cultura, energia, sviluppo, immigrazione sono alcuni dei temi discussi dal palco, davanti a una platea di meno di un centinaio di persone. Non mancano gli applausi, ma nulla di paragonabile alle acclamazioni per il Capitano. «Noi non andremmo davanti al tribunale, noi saremo qui a parlare di tematiche importanti. Sono gli odiatori della sinistra cattiva che hanno già annunciato che scenderanno in piazza per gridare insulti», dice il segretario regionale della Lega Stefano Candiani, quando ancora il primo dibattito deve iniziare.
A prendere parola parlando di cultura è stato anche Alberto Samonà, l’assessore regionale che passerà alla storia per essere il primo esponente leghista in una giunta siciliana. Per Samonà, così come gli altri ospiti – dal collega calabrese Nino Spirlì alla senatrice Lucia Borgonzoni e al deputato Claudio Borghi -, il punto focale è uno: la difesa dell’identità e la rottura dell’egemonia culturale della sinistra. «Ci dicono che siamo rozzi, gretti, ma noi siamo pronti a prendere in mano la cultura al governo nazionale», ha detto Samonà. «La cultura è libertà, oggi siamo governati da persone che vogliono imbrigliarla – ha aggiunto Bergonzoni, nel corso del suo intervento -. La censura passa anche dal politicamente corretto. Lo ha detto anche Carlo Verdone, che di centrodestra di certo no è: oggi non si può scherzare sulle donne, sui gay, se sei toscano e scherzi sul Sud non va bene».
Quando sul maxi-schermo non c’è più Vittorio Sgarbi – intervenuto più per difendere Salvini che per parlare di cultura – ma le slide che sciorinano dati su energia, ambiente e green deal la sala si svuota parzialmente. Sono circa una trentina le persone che seguono la chiacchierata a cui hanno preso parte tra gli altri l’assessore catanese Fabio Cantarella e l’ex dirigente generale della Regione Tuccio D’Urso, che con la pensione ha anche scoperto la vicinanza al Carroccio. «Spero che prima o poi si faranno i termovalorizzatori», ha detto Cantarella, criticando anche il modo in cui vengono stilate le statistiche sulla differenziata, che vedono da anni Catania in fondo alle classifiche ma non tengono conto «dei turisti dei rifiuti che dai paesi più piccoli vengono a buttare la spazzatura da noi».
La situazione cambia, ma neanche di molto, in serata quando viene offerto quello che dovrebbe essere il piatto forte della giornata: l’immigrazione clandestina. In sala torna qualcuno, le presenze sfiorano la cinquantina e compare anche una maglietta, a suo modo emblematica: «Lega Riace». Tuttavia, per quanto gli applausi siano più calorosi quando vengono citate le parole chiave Ong e decreti sicurezza, i motori stentano a carburare. Ma del resto c’è tempo, il warm-up ci sarà quando Salvini rimetterà piede a Catania. Probabilmente con meno tempo per arancini e granite e qualche pensiero in più per la testa. Ma anche con la speranza di trovare il sostegno del suo popolo. Quanto questo sarà numeroso, si vedrà.
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