Assolto perché il fatto non sussiste. Si chiude così, tra gli applausi per un’assoluzione con formula piena, il processo di primo grado al leader della Lega e ministro delle Infrastrutture e trasporti Matteo Salvini, imputato per sequestro di persona e abuso d’ufficio. Il verdetto al termine di un processo durato tre anni e 24 udienze, per la vicenda legata alla nave Open Arms. Confermata/rigettata la tesi della procura, che aveva chiesto una condanna a sei anni di carcere. All’imbarcazione della ong spagnola nell’agosto del 2019 – quando Salvini era al Viminale – era stato negato un porto sicuro in cui far sbarcare i 147 migranti a cui aveva prestato soccorso in mare. La nave ospitava anche 27 minori. È rimasta per giorni in acque internazionali, solo con l’intervento prima del tribunale dei minori e poi del procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio si è giunti allo sbarco dei naufraghi.
Secondo la difesa di Matteo Salvini, guidata in tribunale dall’avvocata palermitana Giulia Bongiorno, la nave avrebbe dovuto chiedere asilo in Spagna o a Malta, non in Italia. Tesi rigettata invece dai pubblici ministeri che hanno retto l’accusa, Geri Ferrara e Giorgia Righi con la procuratrice aggiunta Marzia Sabella, che ha anche rimarcato come il caso della nave dell’ong spagnola «non fosse una minaccia per la sicurezza nazionale». «Sono orgoglioso di quello che ho fatto: ho mantenuto le promesse fatte, ho contrastato l’immigrazione di massa» aveva scritto sui social il leader della Lega stamattina, prima di entrare nell’aula bunker del carcere Pagliarelli. Parole che fanno il paio con quelle sempre spese dal ministro, che ha spesso parlato di difesa dei confini.
«Siete stati tutti bravi», invece, le prime parole del ministro subito dopo l’assoluzione. E dopo aver abbracciato, commosso, chi gli era più vicino. «Assolto per aver fermato l’immigrazione di massa e difeso il mio Paese. Vince la Lega, vince il buonsenso, vince l’Italia», il commento sui social. L’attesa della sentenza Salvini l’ha trascorsa passeggiando per il centro del capoluogo siciliano, scattando selfie con i sostenitori e in compagnia del nutrito gruppo di leghisti che si sono presentati in aula stamattina a sostegno del loro leader. Tra questi anche il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara e i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio e al Lavoro Alessandro Morelli e Claudio Durigon, anche vicesegretario della Lega, e a Nino Germanà, commissario leghista in Sicilia. A non mancare al momento della lettura del dispositivo sono stati anche i deputati della Lega all’Assemblea regionale siciliana: Vincenzo Figuccia, Luca Sammartino, Salvo Geraci, Pippo Laccoto. Con loro pure l’assessore Mimmo Turano. Presenti anche le 27 parti civili ammesse dal tribunale.
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