Processo Noce, si aspetta la sentenza La difesa: «Gagliano soggetto delirante»

Si è concluso poco prima delle 11.30 l’ultimo capitolo del processo d’Appello contro Loris Gagliano. Adesso che è stata pronunciata anche l’arringa della difesa, sostenuta dall’avvocato Giuseppe Rabbito, non resta che ascoltare la sentenza, attesa per il pomeriggio. Ad aspettare l’esito del procedimento, anche 14 associazioni, che presidiano le scalinate del palazzo di giustizia di piazza Verga. Dopo aver rinunciato ad assistere a tutte le udienze, Gagliano – che il 27 dicembre 2011 ha ucciso la sua ex fidanzata Stefania Noce e il nonno di lei, il settantunenne Paolo Miano – ha scelto di non partecipare nemmeno a quella finale. Nel corso della quale il suo legale ha sostenuto, oltre che l’incapacità dell’omicida di intendere e di volere, anche la mancata premeditazione dei due delitti: «Si fa spazio in lui il desiderio di uccidere quando capisce che sta per essere denunciato. In quel momento la sua paranoia si concretizza e lui sente vacillare la sua identità», dice Rabbito.

«Nel corso dei test, quando i medici gli hanno chiesto come si vedesse tra cinque anni, Loris Gagliano ha risposto che sarà laureato e dedito alla libera professione. Ha già una condanna all’ergastolo, eppure mantiene un immaginario del tutto scollato dalla realtà», inizia Rabbito. Ripercorrendo i momenti che precedono gli assassinii, l’avvocato sottolinea quando «certi comportamenti siano del tutto illogici»: «Perché sabotare l’auto della madre, quando era perfettamente a conoscenza che il nonno di Stefania possedesse un fucile che avrebbe usato contro di lui per difendere la nipote? Perché allontanare lei, quando il pericolo poteva essere rappresentato da lui?». Secondo il rappresentante della difesa, quei bulloni svitati e quei freni manomessi alla macchina di Rosa Miano  erano «un avvertimento». Un po’ come «le lettere piene di proiettili tipiche di certe intimidazioni».

Se il giudice del tribunale di Caltagirone aveva scritto, nelle motivazioni della sentenza di primo grado, che il ragazzo fosse partito da Caltagirone con l’intento di uccidere la sua ex fidanzata, «questo è certamente falso». Alla base di questa affermazione, gli orari indicati dai verbali dei carabinieri: «Alle 9.22 la signora Miano si trova al comando delle forze dell’ordine per denunciare gli interventi illeciti sulla sua auto, quindi Loris l’ha vista uscire. Perché non è entrato subito? Perché il suo ingresso in casa Noce è avvenuto solo alle 9.58, dopo una telefonata con Stefania? Cosa aspettava?». E, inoltre, «se si fosse trattato di un agguato, il luogo del delitto sarebbe il piano superiore, invece è l’ingresso». Tra gli oggetti di Loris è stata ritrovata una copia delle chiavi di casa di Stefania, che secondo l’accusa il giovane avrebbe usato per introdursi in casa la mattina del 27 dicembre: «Quelle chiavi sono state ritrovate all’interno di un marsupio marrone, sul sedile posteriore della Ford Ka di Gagliano. Né sulle chiavi né sul marsupio sono state rinvenute tracce di sangue – spiega Rabbito – L’arma insanguinata, invece, si trovava sul sedile anteriore destro. Risulta evidente che quelle chiavi siano state lasciate nella Ka, e che Loris sia stato fatto entrare in casa da Stefania».

«Quando Stefania gli conferma la sua intenzione di denunciarlo per stalking, avviene lo scivolamento psicotico del quale il nostro perito parla: Loris, convinto di essere un ragazzo dotato e intelligente, si trova davanti un altro se stesso, un perdente. A quel punto non capisce più nulla e agisce in maniera disordinata». Colpendo mortalmente Stefania e il nonno che provava a difenderla, e tentando di uccidere anche la nonna, Gaetana Ballirò, unica superstite di quella mattina. «In lui parte un programma automatico che non si può arrestare, lui uccide non perché vuole farlo ma perché deve». Il presunto «disturbo grave della personalità» di cui soffrirebbe Gagliano renderebbe, quindi, inammissibile la sua duplice richiesta di rinuncia al processo d’Appello: «Il suo obiettivo è solo uno: non essere considerato matto. Pur di ottenerlo, è disposto a farsi non uno ma quattro ergastoli. Come può essere considerato capace di stare in giudizio un soggetto che parte da premesse così deliranti?».

Luisa Santangelo

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