Processo Noce, in aula si discute la perizia «Gagliano era mentalmente semi-infermo»

È sicuramente in grado di sostenere un processo, ma è anche mentalmente infermo. La perizia psichiatrica neutra richiesta dalla Corte nel procedimento giudiziario di secondo grado contro Loris Gagliano è finalmente arrivata. Secondo i due psichiatri super partes – Francesco Bruno e Bruno Calabrese – il ragazzo di 26 anni che ha ucciso, il 27 dicembre 2011 a Licodia Eubea, la sua ex fidanzata Stefania Noce (24 anni) e il nonno di lei, Paolo Miano (71 anni), avrebbe agito in preda a una furia omicida causata da un «delirio paranoide dovuto a una errata interpretazione della realtà». Era convinto, cioè, che a causare l’allontanamento di Stefania da lui fosse stata la cattiva influenza dei familiari di lei, la madre in primis, i quali avrebbero voluto impedirgli di vivere serenamente la sua storia d’amore.

In un’udienza fiume, durata più di otto ore, Bruno e Calabrese sono stati lungamente interrogati non solo dagli avvocati di accusa e difesa e dal giudice Luigi Russo, ma anche dai periti nominati dalle parti, per chiarire i punti oscuri di un documento lungo più di un centinaio di pagine che ha, alla sua base, un controverso strumento diagnostico: il test delle macchie di Rorschach. «Le nostre conclusioni – spiega Bruno – non sono una diagnosi assolutamente precisa, poiché l’imputato si è rifiutato di collaborare e ci mancano alcuni elementi, ma allo stato attuale delle cose possiamo affermare che Loris Gagliano è parzialmente incapace di intendere e di volere, quello che rimane da capire è se sia semplicemente affetto da un disturbo della personalità di tipo narcisistico e paranoico o se siamo in presenza di un disturbo psicotico iniziale». Gagliano, secondo i due medici, sarebbe perfettamente in grado di capire quali sono le conseguenze delle sue azioni nel corso dell’iter processuale, «ma hanno tutte un unico fine, cioè che la sua infermità mentale non sia dimostrata. È tipico della sua patologia rifiutarsi di accettare di essere matto, anche di fronte alla possibilità di finire in carcere per il resto della sua vita». In altre parole: «Lui non è disposto ad ammettere il suo problema, lo rifiuta in modo viscerale e totale. Inconsciamente, lo angoscia di più la possibilità di non essere sano di mente che il pensiero dell’ergastolo». A questo scopo avrebbe rinunciato al procedimento di Appello e per la stessa ragione si sarebbe rifiutato di eseguire test psicodiagnostici più approfonditi.

Stando alla perizia depositata al tribunale di Catania, «l’idea di quanto faranno è presente nei soggetti paranoici da molto tempo». Cioè, nella testa di Loris Gagliano si era affacciata più volte, «negli ultimi due anni», la possibilità di eliminare fisicamente gli ostacoli al raggiungimento dei suoi obiettivi. «Gagliano ha costruito una struttura mentale di difesa – specifica Calabrese – Per lui, la paranoia era un modo di difendersi, proiettando su altre persone le colpe di quello che di brutto gli accadeva. Lo fanno anche le persone perfettamente sane di mente, spesso dando la colpa di ciò che li fa soffrire alla sfortuna. Ma nei soggetti patologici, questo meccanismo è portato alle estreme conseguenze: il malato inizia a pensare che se alcune persone non ci fossero tutto andrebbe meglio, in una fase di totale scollamento con la realtà che dà  il via a un delirio». Il delirio di Loris era la convinzione che Stefania Noce, lasciandolo, agisse sotto impulso di sua madre e, in generale, della sua famiglia. «Poi avviene un evento esplosivo, una ferita narcisistica: è come uno specchio che si rompe e che fa credere al paranoico narciso che la sua dignità e la sua genialità siano in pericolo. A questo punto, il soggetto perde il controllo».

A scatenare la furia di Gagliano, che stava meticolosamente organizzando l’eliminazione delle persone che vivevano con Stefania («Aveva portato con sé solo tre frecce per la balestra, voleva uccidere chiaramente solo mamma, nonna e nonno; inoltre, aveva tagliato i freni dell’auto della madre»), sarebbe stata una telefonata. Quella nel corso della quale è venuto a conoscenza che Rosa Miano era dai carabinieri a denunciare il danneggiamento dell’auto: «A questo punto, qualcosa in lui è scattato, il suo schema mentale è cambiato, la sua coscienza è venuta meno, nel giro di cinque minuti in modo del tutto automatico, incontrollato e incontrollabile, ha compiuto la sua strage, colpendo appena ha potuto, dove ha potuto, preferibilmente alle spalle. È chiaramente patologia». Si è trattato, secondo Calabrese, di una «esecuzione in piena regola: lui stava difendendo la sua dignità». «Crede di aver risposto a una persecuzione, la pubblica denuncia avrebbe reso noto a tutti che lui non era in grado di tenersi la sua fidanzata, non poteva accettarlo», interviene Bruno.

A minare la perizia, però, sono proprio le sue basi. Alcuni test, per stessa ammissione dei due specialisti, sono stati manipolati da Loris Gagliano che, avendo studiato Psicologia all’università, era in grado di orientarne il risultato: «Le risposte troppo precise e il tempo che ci ha messo a darle ci hanno fatto capire che stesse tentando di prenderci in giro», dice Bruno. E continua: «Ma il test di Rorschach non è possibile aggirarlo». A questo punto, i legali della famiglia Noce, Enrico ed Enzo Trantino, partono all’attacco: «È vero o no che sull’attendibilità di questo test la comunità scientifica si interroga da tempo? È vero che la sua interpretazione è estremamente soggettiva? Possono persone diverse dare letture diverse sullo stesso test?». «È tutto vero – si difende Bruno – Ma è vero anche che c’è gente che mette in discussione le teorie sull’evoluzione». «L’abbiamo detto all’inizio – mette le mani avanti Calabrese – Nella nostra perizia non ci siamo espressi in termini di certezza, bensì in termini di convinzione personale».

Niente di esaustivo, quindi. E non sono ancora stati sentiti i periti nominati dalle parti. Le loro audizioni sono state fissate per il prossimo 16 luglio, nel corso di un’altra udienza che si preannuncia dibattuta.

Luisa Santangelo

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