Processo Mori-Obinu, chiesta l’assoluzione Accusati di mancata cattura di Provenzano

Mario Mori e Mauro Obinu devono essere assolti, perché il fatto non sussiste. A chiederlo è l’avvocato Enzo Musco, legale difensore dei due imputati accusati dalla Procura di Palermo di favoreggiamento nella mancata cattura del boss Bernardo Provenzano. Accusa che negli scorsi mesi ha perso l’aggravante mafiosa per scelta del procuratore generale, Luigi Patronaggio. Decisione criticata oggi da Musco. «Siamo all’assurdo – ha detto l’avvocato – perché è come dire che gli imputati hanno voluto favorire Provenzano ritenendolo un criminale comune e non il capo di Cosa nostra».

Per la difesa di Mori e Obinu, che in primo grado sono stati assolti, le deposizioni dei collaboratori di giustizia Giovanni Brusca, Stefano Lo Verso e Sergio Flamia – unite alle deposizioni dell’attuale Giuseppe Pignatone, che avrebbe contraddetto quanto sostenuto dal principale accusatore dei due imputati, il colonnello Michele Riccio – dimostrerebbero l’insostenibilità della tesi dei magistrati.

Nel corso del processo, Riccio ha richiamato alla memoria le vicende legate a Luigi Ilardo – il confidente ucciso nel maggio 1996 – e sulle sue indicazioni ai Ros per rintracciare il covo in cui viveva l’allora capo di Cosa nostra. Dritte su cui i vertici dei carabinieri avrebbero soprasseduto. Nelle precedenti udienze, il procuratore generale ha definito Mori «un soggetto dalla doppia personalità e dalla natura anfibia», richiamando i diversi episodi in cui l’ex generale è stato coinvolto: dalla mancata perquisizione del covo di Totò Riina ai possibili arresti del boss catanese Nitto Santapaola e del già citato Provenzano. Il processo è stato rinviato al 16 maggio per le dichiarazioni spontanee di Mori, le eventuali repliche e probabilmente la sentenza.               

Redazione

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