Processo Garibaldi, la difesa di Firrarello «Sentenza ingiusta e contraddittoria»

Indagini preliminari lunghe, numerosi incidenti probatori e una sentenza in primo grado che ha condannato nomi di spicco tra politici e imprenditori catanesi. Imputati eccellenti chiamati a rispondere dei presunti intrecci tra malaffare e funzionari pubblici per la costruzione del nuovo ospedale Garibaldi di Nesima e della residenza universitaria Tavolieri.

Si tratta delle ultime battute in Corte d’Appello per il processo Garibaldi. Dopo la discussione delle parti civili, questa volta è toccato alle difese. A parlare è stato l’avvocato Alfio Pennisi, legale del senatore Giuseppe Firrarello, già condannato, in primo grado, a due anni e sei mesi per turbativa d’asta con l’aggravante di agevolazione dell’associazione mafiosa. «Navighiamo nell’assurdo», ha esordito Pennisi. «Qui discutiamo di una sentenza e di capi di imputazione illogici e contraddittori, di cui avrebbero dovuto rendersi conto già i giudici di primo grado», afferma. «E assolvendo Firrarello da quella raffica di imputazioni che l’avevano travolto, dovevano di conseguenza far decadere anche il capo d’imputazione per turbativa d’asta». Secondo il legale infatti non fu il potente senatore a pilotare la gara d’appalto.

«D’altronde – sostiene il legale – l’imputazione stessa, prima della sentenza, ha delle contraddizioni. E’ fuor di logica, infatti, che Firrarello avesse voluto favorire due soggetti diversi partecipanti alla stessa gara». Poi, l’avvocato Pennisi fa appello al giudice: «Auspico che la Corte d’Appello non si limiti a riesaminare e decidere sulla base delle indagini e della sentenza in primo grado, ma approfondisca e indaghi oltre. Specie in un processo del genere in cui, essendo presente la parte civile che potrebbe chiedere risarcimento, è necessario valutare bene le singole responsabilità di tutti gli imputati».

Al centro del processo, due dei più grossi appalti pubblici in ballo a Catania dodici anni fa. Per i quali – secondo la sentenza di primo grado – furono favoriti l’imprenditore agrigentino Vincenzo Randazzo, per la residenza Tavolieri, e il lombardo Giulio Romagnoli, per l’ospedale Garibaldi. A documentare le trattative sotto banco tra il politico e gli imprenditori, sarebbero diversi incontri privati.

«Ma collusione non significa incontri – sostiene Puglisi – Significa piuttosto accordi clandestini. Va quindi accertato che da questi ci sia stata effettiva collusione». Il primo appuntamento tra Firrarello e Romagnoli, secondo il difensore del senatore, «non era stato voluto. Anzi, era avvenuto all’insaputa di Firrarello», tratto in inganno da un concessionario d’auto, fautore dell’incontro. Gli altri appuntamenti, poi, sarebbero stati concordati a seguito delle pressanti richieste dell’imprenditore lombardo che, volendo allargare la propria attività in Sicilia, cercava di farsi conoscere, avvicinandosi al politico. «Nulla a che vedere con l’appalto truccato», sostiene il difensore.

Riguardo alla nomina dell’avvocato Giuseppe Cicero (membro della commissione per le anomalie nella gara d’appalto per l’ospedale Garibaldi), che avrebbe dovuto spalleggiare il direttore Roberto Mangione nel falsare la gara, «Firrarello si sarebbe limitato a segnalarlo come esperto». Il fatto che l’intera commissione per le anomalie abbia rifiutato di firmare la relazione finale – siglata poi da Mangione – dimostrerebbe l’estraneità alla truffa del senatore e dell’avvocato Cicero. Elementi questi che, secondo Puglisi, «consentono di rivalutare la posizione di Firrarello».

Alla prossima udienza – fissata per lunedì 27 febbraio – toccherà ai legali degli altri imputati.

Federica Motta

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