Presidenza della Regione, i candidati del nulla

Dov’eravamo rimasti? Sapete, cari lettori, per chi, come noi si ripropone di seguire – pur con tutti i nostri limiti, che sono tanti – le vicende politiche siciliane, cinque giorni di assenza (per cause tecniche) sono tanti. Però, vedendo quello che è avvenuto, abbiamo la sensazione di non aver perduto molto.

Che c’è di nuovo nella politica siciliana? Il centrodestra, che sembrava sulla via dell’unità, è di nuovo in alto mare. Un’altra ‘botta’ – l’ennesina – è arrivata dal solito Gianfranco Miccichè, che continua a perseguire con una coerenza degna di miglior causa la candidatura alla presidenza della Regione siciliana.

Miccichè a noi sta simpatico perché uno dei pochi politici che non ha il senso del tempo. Non si è accorto che una stagione politica si è chiusa. E che della stagione politica che si è chiusa lui è stato -nel bene e nel male – uno dei protagonisti. Non ha ancora capito che, per lui, il treno del Governo siciliano è passato almeno tre volte. Ma lui – tutt’e tre le volte – questo treno l’ha perso.

L’ha perso nel 1996, quando decise di puntare su Giuseppe Provenzano alla guida della Sicilia. Nessuno, allora, si sarebbe meravigliato di una sua candidatura. Ma preferì fare il leader (e combinare altri casini da leader: come quando, come abbiamo più volte scritto nel nostro giornale, alla fine del 1999, non capì l’operazione Udeur e si fece ‘soffiare’ il Governo della Regione dal Pds).

Ci provò nel 2001. Ma trovò sulla sua strada Totò Cuffaro che fu molto più abile di lui (un’abilità che Cuffaro sta pagando cara…). Nel 2006 si dovette accontentare della Presidenza dell’Assemblea regionale siciliana, che gestirà malissimo (forse solo l’attuale presidente dell’Ars, Fancesco Cascio, ha fatto peggio di lui).

Nel 2008 – per una smargiassata contro Cuffaro appena condannato – si gioca la candidatura alla presidenza della Regione. E si fa fregare da Lombardo, che lo ‘usa’ e poi lo ‘getta’.

Oggi Miccichè ci riprova. Con quali speranze? Poche, a nostro avviso. Anche perché lo spirito antipartitico che ostenta, sommato alla voglia di improbabili liste civiche, cela, in realtà, solo una grande bramosia di potere. A nostro modesto avviso, sta solo perdendo tempo.

Qualche altro ‘scienziato’ del Pdl rilancia la candidatura del Procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso. E fa male. Per almeno un pio di motivi. In primo luogo, perché lo stesso Grasso ha detto a chiare lettere di non essere interessato a questa candidatura. In secondo luogo, perché una candidatura di Grasso per il centrodestra darebbe allo stesso Gasso una coloritura politica che lo stesso Procuratore nazionale Antimafia – giustamente, diciamo noi – rifiuta.

Un magistrato importante come Piero Grasso non può certo chiudere la sua carriera come esponente di una parte politica. Sarebbe rovinoso. Lo polemiche si sprecherebbero. A tutti i livelli.

La sua candidatura, semmai, avrebbe un senso se fosse voluta da tutte le forze politiche siciliane. Per arrivare a una sorta di Presidente della Regione al di sopra delle parti. Ma abbiamo la sensazione che le cose non stiano così. A questo punto meglio lasciare lì dove si trova il Procuratore Grasso.

Un altro che perde tempo, a nostro modesto avviso, è Salvatore Crocetta, che cerca di passare per ‘rivoluzionario’. Peccato che sabato scorso – LinkSicilia non era in rete – alla presentazione della sua candidatura, a Palermo, nei saloni di a Palazzo Reale, c’era Giuseppe Lumia, l’esponente del Pd siciliano che, insieme con Antonello Cracolici, ha dato vita al Governo Lombardo-Pd.

Crocetta, in parole semplici, si propone come la naturale prosecuzione del Governo Lombardo-Pd. Dia retta a noi, onorevole Crocetta: ci levi mano, tanto lo hanno capito tutti che lei è l’espressione della peggiore partitocracia siciliana, quella del Pd di Lumia.

Che altro c’è da dire? Ah, dimenticavamo, l’Udc siciliana. Un partito che rischia di diventare il rifugio di tutti i peccatori della politica. I transfughi del Pdl vanno nell’Udc. Idem per l’Mpa di Lombardo. Insomma: qualunque politico n fuga da qualche cosa – anche da se stesso – cerca riparo sulle le ali di questo partito. Che, così continuando, rischia di diventare una sorta di ‘incubatore’ di trasformismo politico.

Non va meglio con il Pd siciliano. Che oltre all’accoppiata Lumia-Crocetta ci delizia con riunioni per decidere se presentare o meno una mozione di sfiducia al Governo Lombardo.

Questo giornale non è mai stato tenero con l’attuale presidente della Regione. Ma dobbiamo ammettere che, questa volta, ha ragione Lombardo: come può un partito che ha governato per quattro anni la Regione presentare e votare una mozione di sfiducia allo stesso Governo?

A volere la mozione è il segretario regionale, Giuseppe Lupo. Ricordiamo che Lupo è stato eletto segretario del Pd siciliano per dire “no” al Governo Lombardo. Del quale è diventato un sostenitore un’ora dopo la sua elezione a segretario.

Insomma: se il Pd siciliano di Lumia e Cacolici è andato al Governo con Lombardo grazie a un ribaltone, Lupo il ribaltone lo ha fatto nel suo partito, facendosi eleggere da una maggioranza che non voleva l’alleanza con Lombardo e poi tradendo i suoi stessi elettori all’interno del suo partito. Quindi, un ribaltone nel ribaltone.

Lupo, per la cronaca, è stato uno di quei dirigenti del Pd siciliano che, per tre anni, ha impedito alla base del Pd di celebrare un referendum sul Governo Lombardo. Ora Lombardo non gli piace più. Troppo comodo. Non sarà certo questa sceneggiata a salvare il Pd siciliano da pesante giudizio degli elettori.

L’Mpa, infine. Questo è, senza dubbio, il peggiore partito politico partorito dalla politica siciliana negli ultimi sessant’anni. Lombardo, con la scusa dell’Autonomia, ha fatto di tutto. Calpestando l’idea stessa di Autonomia. Dopo aver ‘pilotato’ il ‘ribaltone’ con il Pd, adesso – così leggiamo su altri giornali – vorrebbe ritornare con il Pdl, magari con un fantomatico polo fatto da Api, Fli, MPS.

Siamo ben oltre il trasformismo politico. Siamo al nulla.

L’unica cosa che si capisce lontano un  miglio è che, da questa partitocrazia malata non può nasce nulla di serio. Il candidato alla presidenza della Regione siciliana, per essere credibile, non potrà essere espressione di questa ‘anime morte’ della politica. Alla Sicilia serve dell’altro.

 

 

 

Giulio Ambrosetti

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