Presidente Monti, lasci in pace la Sicilia e si occupi dello spread a 536 punti

Con lo spread che vola a 536 punti e la sceneggiata della ‘nota congiunta’ di Italia, Spagna e Grecia per chiedere “una rapida attuazione della scudo anti-spread” – nota smentita dal Governo francese e da quello italiano (con il nostro Paese che smentisce una nota con la quale si dichiara però d’accordo…) – le dichiarazioni di Mario Monti sulla Sicilia sembrano quasi comiche. E’ come se il comandante del Titanic, con la nave mezza affondata, rimproverasse i cuochi di aver preparato croissants con poca marmellata…

Insomma: Monti, invece di occuparsi dell’Italia e, soprattutto, dell’euro che stanno sprofondando insieme, si preoccupa del “rigoroso” piano di rientro della Regione siciliana. Il capo del nostro Governo, piuttosto che guardare ai conti della Sicilia, dovrebbe pensare a quello che accadrà, non tra due anni, ma nei prossimi giorni – magari anche domani – quando i “mercati” (è il nome in codice degli speculatori) si scateneranno per spezzare l’esile filo che ormai lega Grecia, Spagna e Italia all’Unione Europea.

Noi non siamo mai stati teneri con l’attuale Governo regionale. E fino a qualche ora fa gli abbiamo rinfacciato una gestione dei rifiuti approssimativa a truffaldina. Ma, con tutta la buona volontà, non riusciamo a capire questo interesse verso i conti della Sicilia da parte del Governo Monti. In Spagna ci sono cinque o sei Regioni che sono combinate peggio della Sicilia. Molto peggio. Proprio stasera la Catalogna chiede aiuto a Madrid. Ma i governanti spagnoli si stanno assumendo le proprie responsabilità. E, soprattutto, non scaricano sulle Regioni in difficoltà il peso di una crisi che è legata all’euro e a chi lo ha gestito dal 2002 ad oggi.

Qualche settimana fa Monti ci ha presentato lo scudo anti-spread come cosa fatta. Stiamo scoprendo che non è così, visto che entrerà in funzione dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale tedesca previsto per il prossimo autunno. Sempre che, ovviamente, in autunno ci sia ancora l’euro.

Un’altra nota stonata della serata è rappresentata da un bizzarro comunicato della Cisl siciliana. “Un commissariamento di fatto. Lo si chiami come si vuole, ma commissariamento è”, commenta Maurizio Bernava, segretario generale dell’organizzaizone sindacale nell’Isola. “Questa è la conferma – aggiunge Bernava – che l’attuale classe dirigente regionale, da sola, non ce la fa”. Dopo di che il segretario della Cisl siciliana, secondo l’antica tradizione, tutta italiana, dell’ “un popolo e l’altro sul collo vi sta”, cerca di trovare posto, magari un mezzo strapuntino, tra i ‘coristi’ del Governo nazionale: “Non si può non prendere atto – dice Bernava – che il programma dettato da Monti, a cui vanno a sommarsi le prescrizioni della spending review, è stato inutilmente chiesto, da tre anni almeno, da sindacati e imprese siciliani. Averlo detto non ci conforta – rimarca – ma questa è la verità”.

Così scopriamo che sindacati e imprese siciliane avrebbero chiesto, “da almeno tre anni” la moralizzazioone della spesa pubblica regionale. Che strano: a noi, fino a qualche settimana fa, era invece sembrato che la Cisl siciliana fosse in fila – anzi, in prima fila – per accaparrarsi le risorse dell’Avviso 20. Evidentemente ci siamo sbagliati noi.

In effetti, la Cisl siciliana – insieme con altre sigle sindacali – non ha mai ‘succhiato’ alla mammella della formazione professionale siciliana; Bernava, poi, non ha mai sistemato amici & parenti negli enti di formazione; la Cisl siciliana non ha mai sponsorizzato la ‘promozione’ di dirigenti regionali inutili che hanno solo appesantito i costi spropositati del personale della Regione; questa organizzazione sindacale non ha mai riproposto la promozione di altri dirigenti regionali, ben sapendo che non servivano all’amministrazione.

Gli industriali siciliani, da parte loro, non si sono mai impossessati delle discariche pubbliche privatizzandole e dissanguando i Comuni dell’Isola; gli industriali siciliani non hanno mai bagnato il ‘becco’ nella spesa pubblica siciliana; da sempre impegnati nell’internazionalizzare le proprie imprese, non si sono mai infilati nei consigli di amministrazione delle tante società pubbliche della Sicilia…

Quasi quasi, i sindacalisti della Cisl e gli industriali siciliani sono come i nuovi moralizzatori della politica siciliana dell’Udc: un partito che, dal 2001 ad oggi, non ha mai governato la Sicilia, non ha ‘stabilizzato’ precari nella pubblica amministrazione, non ha sperperato soldi pubblici, non ha mai avallato la diffusione delle pale eoliche nel territorio dell’Isola che girano a vuoto perché non sono nemmeno collegate alla rete e via continuando.

Insomma, adesso tutti – sindacalisti, industriali e ‘neofiti’ dell’Udc della Sicilia – si scoprono sposati con la moglie di Cesare: tutti immacolati, tutti integri, tutti puri e duri, tutti onesti, tutti integerrimi, tutti pronti al sacrificio, tutti lontani dagli sperperi di pubblico denaro, tutti pronti a fare a meno degli aiuti pubblici, tutti virtuosi, tutti bla bla bla.

Detto questo, la Regione siciliana di oggi è un delirio. Il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ha confermato le dimissioni (noi, conoscendolo, aspettiamo il 31 luglio…). Lascerà – ammesso che lo farà – una Regione nella quale a prevalere è la lucida follia: ci sono, è vero, le spese clientelari: ma ci sono anche le occasioni mancate che non hanno una spiegazione logica.

La formazione professionale, per esempio. Noi, di questo settore, lasciamo scrivere ad altri, più competenti di noi. Noi ci limitiamo solo ad osservare – e a commentare – un paio di numeri.

Lo stanziamento del Fondo sociale europeo (Fse) per la Sicilia, dal 2007 al 2013, è di 2,1 miliardi di euro. Una cifra impressionante. Non ci vengano a dire che spendere questi soldi è difficile. L’Fse, per chi ‘mastica’ un po’ di spesa comunitaria, non è il Fondo europeo regionale di sviluppo.

Ebbene, al 31 dicembre del 2011 la Sicilia, su 2,1 miliardi di euro, ha speso appena 346 milioni di euro. Più 30 milioni di euro circa da gennaio di quest’anno ad oggi. Tutto questo mentre più di 8 mila dipendenti del settore sono a spasso. Se qualcuno ci spiega come possa avvenire tutto questo noi saremmo felici di capire. Noi, da soli, questa follia non riusciamo a spiegarcela.

Giulio Ambrosetti

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