Premio Francese, XXI edizione nel ricordo di Impastato La nipote: «Storia non vissuta, ma subita con orgoglio»

Il ciclo di premiazioni della XXI edizione dei riconoscimenti intitolati alla memoria di Mario e Giuseppe Francese si è aperto con un omaggio a Peppino Impastato. Un tributo doveroso, a 40 anni dal suo omicidio. «Tra i tanti, c’è un ricordo che, più di tutti gli altri, è rimasto sempre vivo nella mia memoria. Ed è proprio l’incontro col giornalista Mario Francese: lui è stato il primo ad ascoltarci, a noi familiari e amici, il primo, in un’intervista pubblica, a prenderci sul serio e a parlare della sua morte nei termini di un omicidio e non di un fallito attentato terroristico», dichiara Giovanni Impastato, fratello di Peppino, intervenuto sul palco dell’aula magna del liceo classico Vittorio Emanuele II, che ospita l’edizione di quest’anno.

«Stare qui oggi è una cosa molto intensa per me, mi carica moltissimo e mi spinge ad andare avanti – continua Giovanni -. Se oggi siamo arrivati dove siamo, se oggi parliamo ancora di Peppino è per persone come Mario Francese, che col loro sacrificio hanno tentato di costruire un Paese migliore». Un ricordo, questo, personale e intimo, condiviso anche da Giulio Francese, figlio del giornalista ucciso dalla mafia nel 1979 e oggi presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, che ha deciso di dedicare questa XXI edizione del premio intitolato al padre e la fratello, non a caso, al tema della libertà di stampa sotto attacco. «Peppino è stato un modello per moltissimi giovani. Compreso mio fratello, che a Corleone cercò di imitarlo lavorando in un’emittente radiofonica, per lui il suo esempio era importantissimo».

Emozione anche nelle parole di Luisa Impastato, figlia di Giovanni e nipote di Peppino, e oggi soprattutto anima di Casa Memoria a Cinisi, che da anni porta avanti memoria, impegno e cultura sulla scia della strada tracciata in primis da Felicia, sua nonna. «Sono felice di essere qui in rappresentanza dei giovani, proprio perché Casa Memoria lavora con loro e per loro – esordisce -. Non ho conosciuto Peppino, io sono nata nell’87. Ma sono cresciuta con mia nonna Felicia, che si è impegnata quotidianamente nel coltivare il suo ricordo. Non solo un familiare, lei, ma anche la presidente di Casa Memoria». Una delle prime a battersi, a costo anche di sbattere la testa contro le forze dell’ordine dell’epoca orientate verso altre piste, fra tutte quella dell’attentato dinamitardo. Tutte ipotesi valide, insomma, tranne che quella dell’omicidio mafioso.

E anche lei ha conosciuto il cronista del Giornale di Sicilia che fu tra i pochi a schierarsi dalla parte della famiglia Impastato. «Parlava con stima e affetto di Mario Francese, il primo a non credere alla tesi che puntava al terrorismo – ricorda oggi la nipote -. Casa Memoria è diventata un luogo simbolo della lotta antimafia, facciamo memoria perché è fondamentale ancora oggi parlare e fare memoria. Per me, che questa storia non l’ho vissuta ma subita con tantissimo orgoglio, è una grandissima responsabilità portare avanti il percorso iniziato da mia nonna e portato avanti oggi proprio dalla sua Casa Memoria».

Silvia Buffa

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