Per entrare al porto di Catania dal primo luglio si dovranno pagare dai 15 ai 100 euro. La quota, annuale o biennale a seconda delle categorie di utenti, permetterà di acquistare un badge-lasciapassare, come disposto dal commissario straordinario dell’autorità portuale Cosimo Aiello in una ordinanza, la 02/C.S. del 26 febbraio. Da qualche giorno il documento è arrivato dall’attenzione della società civile catanese che, se il provvedimento non verrà modificato, preannuncia battaglia. Esattamente come fatto recentemente per il piano regolatore portuale, ritenuto «non in sintonia con lo sviluppo della città» e bloccato in Consiglio comunale.
«Se a un libero cittadino non è consentito di entrare al porto, deve rifiutarsi di pagare e entrare lo stesso: propongo la disobbedienza civile», dichiara a riguardo, e senza mezzi termini, Mirko Viola, coordinatore del gruppo giovani dell’associazione Cittàinsieme. Dopo aver attentamente studiato il provvedimento, è convinto di alcune palesi forzature di interpretazione contenute nella stessa ordinanza. «L’appoggio giuridico è un regolamento della Comunità europea, il 725 del 2004, che giustifica la presenza di un ingresso a pagamento come disposizione da attuare in relazione a “minacce terroristiche“», spiega Viola. «Perché il pagamento dovrebbe consentire la sicurezza? Si verrà identificati all’ingresso lasciando un documento?», chiede provocatoriamente il giovane attivista, anche in relazione alla concessione di eventuali ingressi temporanei ai quali, oltre ai badge, si accenna all’interno del documento senza chiarire se saranno a pagamento o meno. «Gli unici ad aver diritto all’accesso gratuito saranno i pescatori, ma l’ordinanza resta oscura su molti punti. Potremmo fare un ricorso al Tar», conclude.
A rincarare la dose è però Marcello Di Luise, del comitato cittadino Porto del Sole, che definisce l’ordinanza come «l’ennesima operazione volta alla privatizzazione del porto, che non sostenendosi con il traffico merci punta alla speculazione edilizia sulle banchine portuali». Per Di Luise, infatti, prima ancora che del costo dei lasciapassare, bisogna interrogarsi su «quanto attualmente si paghi per il traffico delle merci», e se gli incassi dell’autorità portuale siano «sufficienti alla sopravvivenza della struttura». Perché, al di là delle questioni giuridiche, Di Luise sottolinea come l’esigenza di un controllo degli accessi, in un porto in cui «i controlli doganali sono effettuati al’imbarco non ha né capo né coda: non accade in nessuna città d’Italia». E sull’efficacia dei controlli al’ingresso e all’uscita dai due ingressi del porto, già attivi sia in quello nord su via Dusmet che soprattutto quello sud destinato ai mezzi pesanti nelle vicinanze del faro, Di Luise ricorda che sono «già da ora affidati a società di vigilanza private». «Basta azionare un semplice pulsante, da soli, per sollevare le sbarre ed uscire indisturbati. E l’ingresso è libero dal centro commerciale Vecchia Dogana». In barba a qualsiasi controllo antiterrorismo.
[Foto di ezioman]
Beni per tre milioni di euro sequestrati tra Pachino e Portopalo di Capo Passero. Ammonta…
«Altarello di Riposto, un disastro. Vedere piangere i miei genitori perché tutto ciò che si…
Fede, devozione, tradizione, luce e speranza. Belpasso si prepara a riabbracciare la sua Santa Patrona…
Si è concluso con una condanna a sette mesi di reclusione (pena sospesa) il processo…
Parere positivo con integrazioni, nella serata di ieri, sul progetto per la costruzione del ponte sullo…
«Abbiamo deciso di non presentare ricorso in appello contro la sentenza che ha disposto l'assoluzione…