Porto aperto, ma solo fino alla nuova sbarra Ruote libere: «Cinquanta ciclisti buttati fuori»

Un
taglio del nastro ufficiale, con tanto di sindaco con la fascia tricolore addosso e grandi sorrisi. «Ne eravamo contenti, eppure adesso ci viene da ridere». Perché il porto aperto alla città sulla carta piace a tutti, ma nella pratica è un po’ meno convincente. Tutto per colpa di una sbarra che, piazzata circa duecento metri dopo l’ingresso da via Dusmet, impedisce l’accesso alla strada che attraversa l’infrastruttura e arriva fino all’ingresso della rotonda del faro. «Avevamo deciso di andare dal centro alla Playa in bicicletta – racconta Alessio Marchetti, del gruppo di cicloattivisti Ruote libere – Eravamo circa una cinquantina e siamo partiti con le migliori intenzioni. Ma quando siamo arrivati alla nuova sbarra, che non sapevamo esistesse, un vigilantes ci ha bloccato la strada».

In un primo momento, avevano sperato di potere attraversare la sbarra spingendo le biciclette a piedi. Poi, però, dopo una telefonata chiarificatrice, «lo stesso addetto alla sicurezza ci ha spiegato che non potevamo passare neanche a piedi. Quindi siamo usciti e, per arrivare alla Playa, siamo dovuti passare da
via Domenico Tempio, attraversando la rotatoria del faro – prosegue Marchetti – Chiunque conosca quella strada sa quant’è pericolosa. Il paradosso è che prima dell’apertura del porto alla città noi potevamo attraversarlo serenamente, adesso che il porto è aperto, invece, è per metà chiuso». Un gioco di parole che non esaurisce, però, la disavventura vissuta dai ciclisti.

«Come ci avevano detto di fare, siamo arrivati alla Playa passando dalla strada normale. Poi abbiamo usato la
ciclabile, con tutte le stranezze che di quella sono ormai note, cioè il fatto che finisca direttamente sulla corsia delle auto – continua l’attivista – Finito il nostro giro, siamo tornati indietro. E siamo entrati al porto dall’ingresso del faro: lì non ci ha fermati nessuno e abbiamo proseguito, per circa un chilometro e senza problemi». Almeno fino al momento di dovere uscire, proprio passando dalla sbarra che avevano incontrato all’inizio della serata. «Il vigilantes ci ha visti e ci ha detto che da là non potevamo passare, anche se i piantoni all’altro ingresso non ci avevano fatto nessuna rimostranza». Il problema, sarebbe stato spiegato loro, erano le biciclette: «Se fossimo stati senza mezzi a due ruote, ci ha detto, non ci sarebbero stati ostacoli. Ma proprio le biciclette no, non le volevano vedere». 

Il risultato? «
A mezzanotte abbiamo percorso di nuovo il tragitto al contrario, all’interno del porto. Siamo usciti al faro, abbiamo imboccato via Domenico Tempio al buio e siamo rientrati nel centro cittadino», conclude Alessio Marchetti. E sorride: «Una cosa assurda». «Di assurdo non c’è niente», risponde il commissario straordinario dell’Autorità portuale Nunzio Martello. «Prima il porto non distingueva l’area turistica da quella commerciale – spiega – Adesso che è così, non ha senso permettere a tutti l’accesso alla zona con i container e le attività della darsena. Cinquanta ciclisti che passano da una strada che usano i camion è un pericolo che non possiamo permetterci – prosegue Martello – Con la sicurezza non si scherza e se li hanno fatti passare dal lato del faro sicuramente è stato un errore». 

L’idea è che la zona operativa dell’infrastruttura portuale sia accessibile solo a chi ha «
effettivo interesse lavorativo: dai pescatori alle agenzie marittime a chi fa il trasporto merci». Per tutti gli altri, invece, basterebbe l’area aperta di recente dal primo cittadino Enzo Biancodopo la demolizione del muro di cinta. «Prima era tutto chiuso – continua il contrammiraglio – Adesso non è più così. Stiamo cercando veramente di dare il massimo e abbiamo messo la sbarra a delimitare una zona in cui non si può certamente transitare passeggiando in modo tranquillo. Ma le istituzioni hanno bisogno dell’aiuto dei cittadini. Che ci diano una mano a fare sì che il porto sia sicuro per tutti, sia operatori sia semplici catanesi». 

Luisa Santangelo

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