Portella, a caccia della verità 70 anni dopo strage «Speranza da Bindi e Grasso, archivi siano fruibili»

«Sciascia diceva che dalla strage di Portella della Ginestra l’Italia è un Paese senza verità» parole che pesano come macigni sugli eventi che si svolsero immediatamente dopo quel primo maggio del 1947, riportate alla memoria da Salvatore Nicosia, presidente dell’Istituto Gramsci Siciliano. Parole che però racchiudono, a distanza di settanta anni, ancora la necessità che venga fatta chiarezza. 

«Recentemente abbiamo organizzato un convegno allo Steri nel quale abbiamo chiesto che vengano resi pubblici i documenti non ancora accessibili e in questo abbiamo riscontrato la disponibilità prima della presidente della commissione antimafia Rosy Bindi e poi del presidente del Senato Pietro Grasso. Questo ci dà speranza. Inoltre registriamo anche una maggiore sensibilità da parte dei media». Un anniversario speciale, sentito anche nel resto del Paese. E non è un caso che quest’anno Portella della Ginestra sia stata scelta da Cgil, Cisl e Uil come luogo dove celebrare la Festa dei Lavoratori. Anche la stessa Bindi è presente. Accanto a loro anche semplici cittadini che ogni anno tornano lì per ricordare il significato concreto di questo giorno. 

Proprio Grasso alla fine del convegno organizzato allo Steri su Portella della Ginestra, al quale ha preso parte, ha affermato come ci sia la necessità di fare luce perché la completa verità sulla strage, che provocò 11 morti e 27 feriti «non è stata raggiunta, specialmente su chi quella strage ha ordinato». E poi ha aggiunto che bisogna «lavorare perché tutti coloro che hanno dei documenti che sono utili possano fornirli». C’è  ancora una lunga ombra sull’eccidio compiuto quel giorno dalla banda di Salvatore Giuliano tra i contadini. Al convegno, organizzato dall’Istituto Gramsci siciliano, storici e studiosi hanno cercato di fornire una rilettura di una delle pagine più controverse del dopoguerra italiano restituendone il contesto storico-sociale. 

«Ci sono direttive della Presidenza del Consiglio sulla rimozione del segreto di Stato e decisioni della Commissione parlamentare antimafia perché tutti gli atti finora raccolti sui fatti di Portella vengano resi pubblici. L’Antimafia – ha detto Nicosia – ha deciso di pubblicare gli atti acquisiti a partire dal 1998. Si tratta di svariati anni di documentazione raccolta su Portella della Ginestra che sono stati messi a disposizione. Tutto questo sembra un buon punto di partenza anche se il lavoro da fare è ancora lungo». In particolare «sarebbe utile poter accedere all’archivio delle forze dell’ordine che all’epoca fecero le indagini – sottolinea ancora Nicosia – perché loro hanno interagito con i banditi nello svolgere l’inchiesta e forse potrebbe emergere qualcosa. Purtroppo non sappiamo se riusciremo a conoscere cosa è accaduto davvero perché quando i dati non sono protocollati e catalogati in un certo modo è difficile cercare e trovare qualcosa». Poi conclude: «Sarebbe utile che vengano resi fruibili e poi pubblici gli archivi delle forze dell’ordine: si potrebbe fare un’operazione di verità anche sul piano storico. Bisognerebbe dargli anche i mezzi per poterlo fare e inoltre questo potrebbe creare opportunità di lavoro». 

Su ciò che avvenne quel giorno di settanta anni fa dunque ci sono ancora molte zone d’ombra da esplorare. Lo stesso Grasso sottolineava infatti come sia necessario che «chi sa qualcosa metta a disposizione la propria conoscenza». Per il presidente del Senato si deve pensare non solo agli archivi di Stato ma anche a quelli dei singoli ministeri: «Su questa ricerca ci sono stati proficui contatti con la presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi».

Stefania Brusca

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