Quando ancora è calda la delusione di chi confidava nel recovery fund per vedere realizzato il ponte sullo Stretto, il sottosegretario alle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri assicura che una soluzione può e deve essere trovata. «Darebbe una prospettiva a tutto il Paese per essere competitivi nel Mediterraneo, altrimenti la nostra centralità rimarrà soltanto geografica», ha detto ieri Cancelleri ai microfoni di Radio Fantastica. Parole utili a smarcarsi da qualsiasi ipotesi campanilistica e che fanno eco a quelle pronunciate dal ministro Enrico Giovannini in Parlamento, al momento di annunciare l’esclusione del progetto dal cosiddetto piano nazionale di ripresa e resilienza che sarà presentato a Bruxelles. Giovannini, spiegando che i tempi di realizzazione del collegamento tra Sicilia e Calabria non sarebbero compatibili con quelli con cui andranno spesi i fondi europei, aveva aggiunto che comunque «sono in corso gli approfondimenti necessari sulle diverse soluzioni, al fine di velocizzare l’attraversamento dello Stretto».
A questi approfondimenti ha accennato ieri anche Cancelleri. A breve termine, infatti, al ministero dovrebbe essere presentata la relazione della commissione di esperti nominata per valutare quale progetto oggi sia più conveniente sposare. Quella del ponte, infatti, è una storia talmente lunga da avere assistito allo sviluppo dell’ingegneria civile nel corso dell’ultimo mezzo secolo. «Sono convinto che un’alternativa valida per superare i problemi in materia di rischio sismico e ambientale possa esserci», ha detto il sottosegretario. L’ultimo progetto concreto, ma poi arenatosi in un groviglio burocratico con tanto di rivoli nelle aule dei tribunali, è stato quello di Eurolink, il consorzio con a capo Impregilo. Adesso al vaglio ci sono ipotesi tecniche diverse: «Una possibilità è quella del ponte a tre campate che, avendo pilastri in mare verrebbe posizionato in una zona con un fondale meno profondo – ha spiegato Cancelleri – Ma c’è anche l’ipotesi di un tunnel galleggiante sommerso. Al ministero abbiamo una posizione molto laica, non tifiamo per nessuna soluzione specifica ma affinché l’attraversamento dello Stretto diventi una realtà».
Quella del tunnel sottomarino è senz’altro l’idea più avveniristica. A presentarla al ministero è Saipem, società che ha in Eni il principale azionista. Si tratta di un progetto del valore di 10-12 miliardi di euro, realizzabile secondo i proponenti in cinque anni, e prevede il posizionamento di due tunnel interconnessi a una profondità di circa 40 metri sotto il livello del mare, che letteralmente galleggeranno pur rimanendo vincolati al fondale tramite sistemi di ancoraggio. Un progetto di questo tipo è stato sposato dalla Norvegia per coprire un migliaio di chilometri tra i fiordi. In Sicilia, invece, sarebbe lungo circa sei chilometri. Ogni tunnel, del diametro di 18 metri, sarebbe dedicato a un senso di marcia, sia autostradale che ferroviario. La Saipem assicura il massimo della sicurezza in caso di incendi, esplosioni, impatti con scafi in affondamento e – tema centrale nel dibattito sul ponte – la resistenza ai terremoti, scaturita dalla flessibilità dei tunnel e dell’elasticità dei sistemi di ancoraggio. A controllare che tutto vada bene, oltre a una centrale operativa, ci sarebbe una flotta di droni sottomarini e robot dotati di intelligenza artificiale e capaci di comunicare tra loro.
«Trovare una soluzione è fondamentale anche per portare l’alta velocità fino a Reggio Calabria perché – ha concluso Cancelleri – la progettazione dell’ultimo lotto sarà inevitabilmente sospesa fino a quando non si capirà quale tipo di attraversamento dello Stretto verrà effettuato». L’obiettivo, infatti, sarebbe quello di fare arrivare i treni veloci in Sicilia. Prima o poi.
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