«Vorrei far passare un messaggio: un po’ alla volta li prendiamo tutti. Prima li individuiamo e poi li prendiamo». Le parole di Vincenzo Macrì, dirigente del Compartimento di Polizia Postale e delle Comunicazioni per la Sicilia Occidentale, mentre descrive il lavoro di indagine che ha portato all’esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare nell’operazione che ha smantellato la rete di scambio di materiale pedopornografico, arrivano determinate all’altro capo del telefono. «Noi continuiamo a cercare le persone che commettono questo tipo di reato. E le troviamo. Bisogna considerare che, nell’operaizone di oggi, gli indagati sono ventuno. Otto sono gli arrestati, ma anche gli altri erano in possesso di materiale pedopornografico, sebbene il quantitativo fosse tale da non consentire l’arresto. Risponderanno nell’eventuale sede dibattimentale di questo reato
L’indagine che ha condotto all’arresto di otto persone e alla denuncia di altri tredici indagati, ha riproposto il ruolo fondamentale svolto dal Servizio di polizia postale e delle Comunicazioni, organo centrale che ha sede a Roma e che svolge una funzione di coordinamento con le polizie estere: «Grazie al lavoro svolto da quest’organismo, la nostra azione non ha frontiere – spiega Macrì -. Se la connessione porta all’estero, noi, con il nulla osta dell’Autorità giudiziaria, attiviamo il Servizio, che attiva le polizie estere, le quali avvertono le autorità giudiziarie estere. È un punto di riferimento per tutte le polizie europee e per le organizzazioni internazionali, come Interpol o Europol. Sono loro che, nel caso in cui provengano segnalazioni da polizie straniere, le ricevono e le smistano ai Compartimenti. A questo punto entriamo in gioco noi, che sondiamo il web e il deep web, cerchiamo le aree di scambio e svolgiamo altre indagini. il nostro primo passo, quando rileviamo delle tracce di scambio di file con contenuto pedopornografico, è ottenere dalla Procura un decreto che ci autorizzi a operare sotto copertura, un tipo di lavoro autorizzato anche per le attività di contrasto alla pedopornografia dalla ratifica della Convenzione di Lanzarote»
Un’attività complessa e che richiede molto tempo: «Le indagini durano mesi, occorre gestire al meglio i contatti con gli indagati e adottare accorgimenti tecnici che consentono di individuare la provenienza della connessione – spiega ancora Macrì -. Una volta acquisite le prove si informa la Procura che emette i provvedimenti per le perquisizioni informatiche». Questa attività viene eseguita da un gruppo specializzato specificamente formato. Per svolgerla, la Polizia postale ha a disposizione attrezzature all’avanguardia che consentono di penetrare nei dispositivi degli indagati, salvaguardando la genuinità della prova. Quando viene trovato il materiale pedopornografico, la normativa consente, se la quantità supera una certa soglia, di procedere all’arresto.
Attrezzature all’avanguardia, personale specializzato e coordiamento tra i vai settori della Polizia Postale sono gli ingredienti della ricetta per il contrasto alle attività di scambio di video e immagini pedopornografiche. Un lavoro che prevede di fare fronte ad alcune difficoltà specifiche: «Noi non siamo soggetti all’urgenza di altri uffici di polizia, come i commissariati o la Digos – dice Macrì – che si occupano del reato mentre viene consumato o immediatamente dopo. Ci tocca, invece, seguire un mondo che da un punto di vista tecnico è in continua evoluzione. Se mi si chiedesse adesso, ad esempio, come funziona una particolare piattaforma, io darei una risposa oggi per poi trovarmi nelle condizioni di dovere rivedere la mia risposta tra un paio di giorni. Questa è il nostro problema. quello del rimanere continuamente aggiornati su piattaforme, software, modalità di scambio e altri aspetti tecnici complessi. Noi ce la mettiamo tutta – conclude Macrì – cerchiamo di rendere al cittadino il servizio per il quale veniamo retribuiti».
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